28 Dicembre 2023
Posta nell’omonimo Parco Naturale Regionale, che si estende per circa 400 ha racchiudendo il promontorio, le isole Palmaria, Tino e Tinetto e l’Area di Tutela Marina nel Golfo della Spezia, Porto Venere, seconda tappa del mio soggiorno ligure, antico scalo fin dalle epoche romana e poi bizantina, viene cinta da mura dai genovesi tra il 1113 e il 1161 e muta il suo aspetto da castrum a borgo fortificato.
Due i monumenti più significativi: la chiesa di San Pietro, considerata una delle costruzioni esemplari dell’architettura gotico genovese in Liguria e la chiesa di San Lorenzo, nella parte alta del paese, eretta dai magistri Antelami (o intelviesi) e più volte ricostruita, in ultimo nel Quattrocento, dopo l’attacco da parte degli aragonesi. In posizione emergente il Castello Doria (edificato e parzialmente rimaneggiato nel XVI e XVII secolo), parte del sistema fortificato insieme alle mura con le torri e alla palazzata a mare.
Alla fine della seconda guerra mondiale, quando il Golfo della Spezia divenne base di partenza degli scampati ai lager nazisti per raggiungere la “Terra promessa”, è testimone degli avvenimenti poi narrati nel libro di Ada Sereni “I clandestini del mare”: nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere; nelle stesse ore era giunta nelle acque del Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield. Essa venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa dell’emigrazione ebraica: trasportare 4.515 profughi, stivati su quattro piani di cuccette, dall’altra parte del Mediterraneo. L’imbarcazione divenne un simbolo del sostegno e dell’accoglienza ai profughi ebrei, prese il nome di Exodus, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi che impedirono ai profughi lo sbarco, ma avviò la nascita dello Stato di Israele.