Educato dal padre Samuele all’amore per le attività benefiche e dotato di talento organizzativo, a partire dal 1876 Giacomo Alatri sui dedicò all’Opera degli Asili infantili e in collaborazione con altri la portò a una grande fioritura, tanto che il Re le riconobbe i diritti di ente morale. Uomo dal grande cuore amava stare in mezzo ai teneri fanciulli del basso popolo, nobilmente persuaso che “colui il quale accoglie un’anima umana gli sarà computato come se avesse accolto il mondo intero”. Rifiutò diverse carriere che gli si offrivano, per non esporsi al conflitto con la condotta religiosa della vita. Assunse la carica di contabile della Banca Romana, ma la lasciò dopo che nel 1888 aveva pubblicato lo scritto Sul riordinamento delle Banche di emissione in Italia, avendo costatato che nonostante i consensi ricevuti negli ambienti autorevoli, in quello della Banca la franchezza con la quale egli denunciava i mali aveva provocato una reazione di rigetto e di conservazione. Le ultime vicende della Banca Romana dimostrano, ahimè troppo tardi, come Giacomo Alatri fosse stato buon profeta. L’intenso lavoro nella Banca non gli impedì di svolgere una zelante attività nelle alte cariche all’interno della comunità. Chi al sabato lo ascoltava mentre leggeva le pericope della Toràh, riconosceva d’acchitto in lui il profondo conoscitore della lingua che con la dizione esatta e l’inflessione perfetta sapeva comunicare all’ascoltatore la comprensione esegetica del testo. …Una volta mi disse “Nella nostra famiglia abbiamo la tradizione che mai, neppure nei tempi della maggiore tribolazione, c’è stato un passaggio all’altra religione”. Giacomo Alatri visse soltanto fino a 58 anni. Morì l’8 marzo 1889, ancora “sotto gli occhi dell’anziano padre Samuele” (che morirà poco dopo il 20 maggio) profondamente rimpianto da tutti quelli che lo conobbero. Gli asili, che furono il suo merito principale, ne eternano la memoria e il nome.
Storia degli ebrei di Roma, Abraham Berliner, Milano, Rusconi, 1992