Un “discontinuo giornale di bordo”. Così Libero Bigiaretti, capo ufficio stampa di Adriano Olivetti, definisce “Questa Roma”, la raccolta di scritti nella quale troviamo “Piccola guida degli alberi”, un capitolo dedicato appunto agli alberi “i quali danno alla fisionomia di Roma il tocco definitivo, e tanto spesso sono chiamati a sostenere una funzione architettonica non meno importante e rischiosa di quella affidata a muri, colonne, archi”.
Bigiaretti chiede: “chi non ha presente negli occhi della mente gli alberi di Villa Borghese, di Villa Sciarra, di Villa Celimontana, di Villa Aldobrandini, di Villa Glori, di Monte Mario? Chi non rammenta di avere almeno una volta chiesto pace alla loro ombra?”.
Ma proprio per questo non è di tali alberi che lo scrittore vuole dare conto, piuttosto “degli alberi isolati, dei piccoli nuclei arborei disseminati con tanta sapienza e modestia tra strade e piazze di Roma”. Inizia così la serie di citazioni che ricordano “il primo ciliegio portato a Roma da Lucullo o il primo oleandro piantato a Palazzo Sacchetti….l’arancio di San Domenico…la quercia del Tasso sul Gianicolo…..i cipressi del Museo delle Terme….l’ulivo garibaldino di Villa Glori”.
Le preferenze di Bigiaretti vanno tuttavia “ai lecci del Piazzale di San Giovanni…ai cedri del Libano di Palazzo Barberini… del grande cortile di Palazzo Rospiglioni… di un giardinetto privato accanto a Santa Prudenziana…e a quelli che giganteggiano al termine di Via Volturno”, alle palme come ” quella con tanta orientale leggerezza svetta su un’altura del Foro…o quella di San Pietro in Vincoli o al gruppetto che si allarga a ventaglio al Viminale, in via Napoli…”.
Bigiaretti conclude affermando che il suo intento è solo quello di “rivolgere un invito, smuovere una pigrizia, stimolare un affetto”.
E oggi, anche se non è possibile rintracciare molte di queste presenze, è a questo intento che fa piacere associarsi!