Storie di famiglia

La memoria per ricordare di essere sopravvissuti. La memoria per non dimenticare di essere morti

La mia famiglia è composta da mio figlio Andrea Mieli, figlio di Paolo, da mia madre Giovanna, da mia sorella Francesca, dai miei fratelli Roberto e Giacomo (con i rispettivi mariti e le rispettive mogli), dai/dalle miei/mie nipoti Matteo Monicelli, Nina e Viola Alatri, Sofia e Federico Mieli.
Mio padre, Andrea Alatri, era di origine ebraica, proveniente da una “Famiglia romana di rito Mi.Rom (*) il cui stemma si ispira a quello della città di Alatri nel Lazio. Famiglia di banchieri e letterati”.
(*)”Minhag B’nei Romì”, “rito dei figli di Roma”, il rito ebraico romano che non è askenazita o sefardita ma risale all’epoca dell’antica Roma (da Araldica Ebraica in Italia, Elvio Giuditta).
Storie degli ebrei di Roma
La famiglia Alatri, di Paolo Salvadori


Stemma famiglia Alatri
(Stemmi esistenti nell’antico cimitero ebraico di Padova, Elvio Giuditta, Araldica Ebraica in Italia, Parte III)
Stemma famiglia Alatri
Albero genealogico Alatri-Segre (aggiornato al 23 ottobre 2024)
Albero genealogico-foglio 1
Albero genealogico-foglio 2
Albero genealogico-foglio 3
Albero genealogico-foglio 4
Albero genealogico-foglio 5
Albero genealogico-foglio 6
Albero genealogico-foglio 7

Ricostruzione albero genealogico famiglia Alatri sec.XVIII attraverso la lettura delle iscrizioni sugli oggetti da loro donati alla Scola Nuova

Corona di Francesco I Teoli (**) (1719-1720)
dono di Moshè Alatri a Scola Nova nel 1724-1725
Il Museo Ebraico di Roma, inaugurato con un nuovo allestimento nel 2005, custodisce numerosi oggetti appartenenenti alla famiglia Alatri. Tra questi un “addobbamento” che decorava i Sefer Torà, composto di vari oggetti donati da Moshè, Marco e Samuele Alatri (Ricostruzione albero genealogico famiglia Alatri sec.VIII) alla scuola Nuova nel decennio 1719-1729, un ritratto di Samuele Alatri dipinto dalla nipote Rosa (1883), un busto di Samuele Alatri realizzato dallo scultore Giuseppe Guastalla (1890), una Chiave per l’Aron donata da Samuele Alatri alla Scola Nuova.
“Abbiamo notizia delle famiglie legate alla Scola Nuova tramite i registri del Museo Ebraico di Roma. In particolare l’inventario del 1905, stilato un anno dopo l’inaugurazione del Tempio Maggiore, che sostituì le Cinque Scole, elenca gli “Arredi sacri di proprietà dell’Università Israelitica di Roma esistenti nella Guardaroba del Nuovo Tempio, e che per maggiore chiarezza vengono classificati Scuola per Scuola: nella Scola Nuova risultano oggetti donati dalla Famiglia Alatri; Aron Alatri; Alatri Astrugo; Alatri Mosè; Alatri Samuele“.
“Alcune grandi casate legate alla Scola Nuova, come i Di Segni, mantennero le loro fortune anche nel Settecento. Altre, come i Toscano, non ressero alla chiusura dei banchi di prestito nel 1682 e, nel ruolo di committenti della Scola Nuova, subentrarono altre famiglie tra le quali spiccano gli Alatri e i Baraffael”.
Daniela Di Castro, “Arte ebraica a Roma e nel Lazio: committenti e doni alla Scuola Nuova alla fine del Cinquecento e nel primo Seicento”, Gli Ebrei e il Lazio, Rivista Archivi e Cultura, 2007.
Nel 2013, per l’iniziativa “Museo di Famiglia”, al Museo Ebraico di Roma sono state esposte le donazioni della Famiglia Alatri alle Cinque Scole nel corso dei Secoli XVII e XVIII. L’iniziativa “Museo di Famiglia” vuole offrire l’opportunità di vedere oggetti, tessuti, arredi sacri, quadri, testi, pubblicazioni, documenti e altro, normalmente non visibili pubblicamente.
Museo di famiglia-donazioni (1); Museo di famiglia-donazioni (2).
“Museo ebraico-Le donazioni della famiglia Alatri”, Corriere della Sera,10 luglio 2013
(**) Teoli Francesco I (1658/1729) argentiere romano

Italiani di razza ebraica
A ottanta anni dalla promulgazione delle Leggi razziste nel Museo Ebraico di Roma è stata allestita la mostra “Italiani di razza ebraica: le Leggi antisemite del 1938 e gli ebrei di Roma” a cura di Lia Toaff e Yael Calò (14 settembre 2018-3 febbraio 2019).
La Mostra racconta, attraverso documenti originali della collezione del Museo e dati in prestito dalle tante famiglie colpite dai provvedimenti discriminatori, le vicende, le umiliazioni, le restrizioni e le persecuzioni fisiche subite, lungo un percorso storico che parte dal periodo dell’Emancipazione degli ebrei che entrano a far parte della vita politica e sociale del Regno d’Italia, passando per gli anni delle Leggi antiebraiche e per terminare con il periodo di occupazione, clandestinità e deportazione. Tra i documenti esposti anche quelli della famiglia Alatri.
Catalogo mostra ITALIANI DI RAZZA EBRAICA 2018-2019

KETUBBOT ALATRI, 1820
Presso il JTSA-Jewish Theological Seminary of America a New York sono custodite le tre ketubah (ebraico: כְּתוּבָּה – “documento”, plur. ketubot, ossia l’accordo nuziale ebraico) gentilmente segnalate da Luigi Del Monte, discendente di Crescenzo Del Monte e Sara Alatri.

 


SABBATO EMANUELE ALATRI

Membro laico del Concistoro (1 agosto 1811) Sabbato Emanuele Alatri viene ricordato nel registro protocollare (1802) nell’episodio di Sabbato Mosè Della Rocca, un bambino ebreo che, uscito dal Ghetto, venne imprigionato e condotto nella casa dei Catecumeni. Insieme a Vitale da Tivoli e a Achia Piazza, Sabbato Alatri si rivolse al “caponotaro dell’illustrissimo vicario” per la restituzione del bambino alla sua famiglia. Grazie “alla instancabile vigilanza dei suddetti signori “ il bambino potè tornare al Ghetto (“Storia degli ebrei di Roma”, Abraham Berliner, Rusconi Editore,1992).

SAMUELE ALATRI

Samuele Alatri, ritratto della nipote Rosina Alatri (1883), Museo Ebraico di Roma
Samuele Tranquillo Abramo Alatri (30 Marzo 1805, Roma – 20 Maggio 1889, Roma) nasce da una ricca famiglia di commercianti. Entrò molto giovane nell’azienda di famiglia, che consisteva in un importante magazzino per la vendita di tessuti e affini in via S. M. in Publicolis, fondata nella prima metà dell’Ottocento da Sabbato Alatri, un suo parente che, quando decise di trasferirsi in Toscana, a Livorno, dove il Governo era più tollerante con gli ebrei, associò alla ditta Jacob V. Alatri, padre di Samuele.

Nel 1825 Samuele entra nella costituzione della società, alla quale si dedica con abilità e, congiuntamente, si dedica all’impegno politico e religioso nella Comunità ebraica di Roma. Verso il 1840 si reca periodicamente in Inghilterra e in Francia dove conosce Rothschild, Albert Cohn, Adolphe Frank e Salomon Munk, cominciando a sognare l’istituzione degli Asili Infantili Israelitici (che vennero costituiti vent’anni dopo grazie a Tranquillo Ascarelli e al figlio Giacomo Alatri). Tra il 1847 e il 1852, in collaborazione con Rabbino Maggiore Hazan, venuto dalla Palestina, si adoperò per la riorganizzazione del Pio Istituto del Talmud Torah, la scuola nella quale i fanciulli ebrei apprendevano le prime nozioni elementari di ebraismo e imparavano a leggere e scrivere l’ebraico.
Nel 1858 si adoperò, senza successo, per la liberazione di Edgardo Mortara, il bambino rapito a Bologna e costretto al Battesimo. Strinse rapporti con Massimo d’Azeglio, al quale ispirò l’opuscolo “Sull’emancipazione civile degli Israeliti”, fu amico di Minghetti e di Farini. Consigliere di Reggenza della Banca dello Stato pontificio (fondata nel 1850 assorbendo la Banca Romana per poi riprenderne la denominazione nel 1870), fu eletto con Settimio Piperno nel novembre del 1870 al Consiglio Comunale. Deputato al Parlamento d’Italia per una legislatura (fu eletto alla Camera nelle fila della Destra nel 1874 fino al 1876), Assessore alle Finanze del Municipio Romano, presidente del Monte di Pietà dal 1875 al 1889 nonché il più giovane e longevo presidente che la Comunità ebraica di Roma abbia mai avuto (ricoprì la carica dai 26 ai 61 anni), fu definito da Pio IX (1871) “il più cristiano tra i consiglieri municipali di Roma”.
Fece parte della delegazione che il 9 ottobre consegnò al Re d’Italia i risultati del plebiscito che si svolse domenica 2 ottobre 1870 per sancire l’annessione al Regno d’Italia del territorio di Roma e del Lazio dopo la presa di Roma.
Nel 1885, quando il Ghetto di Roma venne demolito, Samuele Alatri riorganizzò la comunità e contribuì alla ricostruzione della nuova “Università Israelitica”.
Quando morì, nel 1889, poco più di due mesi dalla perdita del figlio Giacomo, il sindaco d’allora Augusto Armellini disse: “la città di Roma ha amato fervidamente il defunto Samuele Alatri e ora lo piange come si piange un padre”.
A lui è dedicato il Parco lineare delle Mura Aureliane, cinquecento metri di verde pubblico che corrono da Porta Metronia a via Numidia a Roma.
Passaporto di Samuele Alatri
COMUNE DI ROMAELEZIONI AMMINISTRATIVE – ANNO 1879 – MANDAMENTO QUINTO-RIONE S. ANGELO
Adami Pietro
Alatri Alessandro
Alatri Angelo
Alatri Aron
Alatri Crescenzo
Alatri Giacomo
Alatri Marco
Alatri Pacifico
Alatri Sabato Mosè
Alatri Samuele
“D E G L I  A R G E N T I  R E C A T I  ALLA  ZECCA  D I  ROMA P E R  U S O
D E L L A  M O N E T A Z I O N E  D A L  1° G E N N A R O  A L  30 G I U G N O 1849
Il Ministero delle Finanze desiderando che il Pubblico conosca la quantità degli Argenti consegnati alla Zecca tanto dalla Commissione delle Requisizioni quanto dai Cittadini, ha ordinato la pubblicazione non solo delle Note relative, ma anche del rendiconto della Zecca stessa, dal quale risulti l’erogazione del Metallo medesimo: Samule Alatri (28 aprile 1845): Sc. 98 Baj. 51 Dec.1″ (Monitore Romano, Giornale Officiale della Repubblica, n. 150, 1849, martedì 3 luglio).
Samuele Alatri, Repubblica Romana e Comunità ebraica, Specchio romano, 11 gennaio 2012

A giugno 2017 è stato dato avvio operativo alla nascita dell’Associazione Amici del Benè Berith cui è stato nominato come presidente Sandro Di Castro. All’Associazione è stato dato il nome di Samuele Alatri, il cui ricordo è stato celebrato il 26 settembre 2017 con una cerimonia presso la Camera dei Deputati.
Comunicato stampa Samuele Alatri-Amici BBerith

GIACOMO ALATRI
Il figlio di Samuele, Giacomo Alatri (Roma, 1833-Roma, 8 Marzo 1889) si impegnò con il padre per lo sviluppo degli Asili Infantili israelitici della Comunità ebraica di Roma. “Educato dal padre Samuele all’amore per le attività benefiche e dotato di talento organizzativo, a partire dal 1876 Giacomo Alatri si dedicò all’Opera degli Asili infantili e in collaborazione con altri la portò a una grande fioritura, tanto che il Re le riconobbe i diritti di ente morale. Uomo dal grande cuore……rifiutò diverse carriere che gli si offrivano, per non esporsi al conflitto con la condotta religiosa della vita. Assunse la carica di contabile nella Banca Romana, ma la lasciò dopo che nel 1888 aveva pubblicato lo scritto “Sul riordinamento delle Banche di emissione in Italia”, avendo constatato che nonostante i consensi ricevuti negli ambienti autorevoli, in quello della Banca la franchezza con la quale egli denunciava i mali aveva provocato una reazione di rigetto e di conservazione….L’intenso lavoro della Banca non gli impedì di svolgere una zelante attività nelle alte cariche della comunità”. (“Storia degli ebrei di Roma”, Abraham Berliner, Rusconi Editore,1992).
Sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia di lunedì 29 ottobre 1883 n. 254 viene riportata la notizia di una “FESTA SCOLASTICA” tenutasi presso il liceo Ennio Quirino Visconti, per “la premiazione dei bambini e delle bambine degli Asili infantili israelitici della nostra città. A quella bella e commovente festa intervennero: S. E. l’On. Baccelli, Ministro della Pubblica Istruzione, il Cav. Rito, consigliere delegato di Prefettura, il comm. Biagio Placidi, Assessore, che rappresentava il Sindaco, l’on. duca di Fiano, presidente della Società degli asili infantili,….il comm. Samule Alatri. Dopo un canto inaugurale che diè principio alla festa, il cav. Giacomo Alatri, benemerito e operoso presidente della filantropica Istituzione, lesse un forbito e succoso discorso, in cui accennò per sommi capi ai continui progressi fatti dagli Asili a cui egli sopraintende con tanta intelligenza e tanto amore, discorso che fu vivamente applaudito“.
Sul Numero 1 del 31 gennaio 1887 della Rivista della Beneficienza Pubblica e delle Istituzioni di Previdenza si informa che “gli Asili infantili israelitici di Roma, di cui è sempre presidente l’egregio cav. Giacomo Alatri, ci hanno inviato il loro rendiconto economico per l’anno 1885″.
Ebrei a Roma: Asili infantili dall’Unità alle leggi razziali, Giovanna Alatri, 2020

LIONELLO ALATRI
Le persecuzioni derivate dalle leggi razziali hanno colpito duramente alcuni membri della famiglia Alatri. Lionello (Roma, 20 gennaio 1878-Auschwitz 1943), nipote di Samuele, membro della Giunta dell’Unione delle Comunita’ Ebraiche Italiane e titolare della azienda tessile Jacopo Vito Alatri, fu costretto a dimettersi da amministratore unico (declassandosi a Direttore generale) e a rinunciare alla quota di maggioranza, in accordo coi due soci minoritari, i fornitori De Angeli Frua (Milano) e Lanificio Zopfi (Bergamo) in seguito alla promulgazione delle leggi razziali. Nel Bollettino dei protesti cambiari, dei fallimenti e del movimento delle ditte del 7 gennaio 1939 sono riportati i cambiamenti societari (69775 (31-III-1939) – I. V. Alatri S. A. – Vendita tessuti – Roma – V. degli Astalli, 19 – Riduzione del cap. soc. da L. 4.000.000 a L. 3.900.000, e sua reintegrazione a L. 4.000.000 – Modifiche Statuto sociale e denominazione sociale in Soc. An. Vestilia – Nomina cariche sociali: Pres. dott. Riva Riccardo; Dirett. Gener. Alatri Lionello, Vice Dirett. Alatri dott. Marco e Alatri dott. Renzo).
Il 16 ottobre 1943, con la moglie Evelina Chimichi e il suocero novantunenne Eugenio Haim Chimichi, Lionello fu prelevato dalla sua abitazione in via Piemonte 127 e condotto nel Collegio militare di Via della Lungara con gli oltre mille ebrei romani catturati quel giorno. Così scrive il Presidente della Comunità Israelitica di Roma Ugo Foà nella relazione scritta il 13 novembre 1943 a testimonianza del ricatto dell’oro dei naziti e poi della deportazione del 16 ottobre 1943 “Uguale sorte toccò pure ad un’altra persona nota a tutto il mondo ebraico di Roma per la sua grande generosità ed il suo illuminato altruismo: il Gr. Uff. Lionello Alatri degno continuatore delle tradizioni del suo illustre casato”.
Il 18 ottobre furono caricati sui carri merci dalla stazione Tiburtina, destinazione Auschwitz-Birkenau (convoglio n. 02, ROMA Collegio Militare 18/10/1943) dove con tutta probabilità Eugenio Chimichi non arrivò mai.
Arrivati ad Auschwitz II-Birkenau il 23 ottobre 1943, Lionello e la moglie Evelina vennero riconosciuti inabili al lavoro e uccisi nella camera a gas.
Questo il testo della lettera di Lionello Alatri lasciata cadere dal vagone della tradotta ferroviaria per Auschwitz e raccolta da un ferroviere alla stazione di Roma Tiburtina. La lettera perverrà ai figli Renzo e Marco Alatri attraverso la segretaria del padre. A margine della lettera la richiesta “Per umanità chiunque trovi la presente è pregato impostare la presente”.

“18-10-43 Lunedì mattina. Partiamo per la Germania io, mia moglie, mio suocero e Annita avvertite nostro viaggiatore Mieli. Date ogni fine mese £ 600 alla mia portiera e £ 250 a Irma cui rimborserete anche gas e luce. Fate leggere la presente alla Sig.ra Ermelinda. Ignoro se la merce rimarrà requisita.Se potremo venderla ricordatevi che i pezzi del 1º Blocco devono essere venduti proporzionalmente alla merce tipo. Se potete fare il cambio alla Banca di Sicilia fatelo chiamando il sig. Riccardo. Partiamo con fortezza d’animo: certo la compagnia di mio suocero in quelle condizioni mi sgomenta. Fatevi forza come ce la facciamo noi. Un abbraccio a tutti Lione. Dite al Barone che Ettore e Elda e la sua cugina Lella è con noi. Dite a Riccardelli rappresentante che moglie e figli stanno bene con noi. Dite a Buccellato che Vito e Via Flavia sta bene con noi Avvertite Via Po 42 al portiere che l’Ingegnere sta bene con noi Avvertite portiere Via Villa Albani 12 sorella e cognata bene con noi. Avvertite portiere Via Vicenza 42 pellicciaia sta con noi. Avvertite portiere Via Po 162 Lello e Silvia bene con noi Avvertite portiere Corso Italia 106 Famiglia Di Veroli bene con noi Via Eleonora d’Arborea..[illeggibile] Raul bene con noi Via Sicilia 154 Clara bene”.


LE PIETRE DI INCIAMPO

Nell’ambito del progetto artistico promosso da Adachiara Zevi, “Memorie d’inciampo a Roma”, in ricordo di Lionello Alatri e di sua moglie Evelina Chimichi, il 13 gennaio 2011, in via Piemonte 127, a Roma, sul marciapiede antistante l’abitazione dalla quale furono prelevati il 16 ottobre del ’43, sono stati collocati due sampietrini dorati, le “pietre di inciampo” realizzate dall’artista tedesco Günter Demnig. Il 15 gennaio 2019, a via Panama 48, a Roma, è stato collocato un sampietrino dorato in memoria di Eugenio Elia Cimichi.

VITTORIA ALATRI (13/10/1871-Auschwitz 27/02/1944) figlia di Marco Alatri e di Elvira Cave, sorella di Giacomo e di Lionello Alatri e moglie di Gino Sacuto, fu prelevata a Fiesole (Firenze) e deportata nel campo di sterminio di Auschwitz con il convoglio partito dal campo di prigionia di Fossoli (MO) (convoglio n. 08, FOSSOLI campo 22/02/1944). Non è sopravvissuta alla Shoah.
In Viale Lavagnini 41 a Firenze è stata posizionata una pietra d’inciampo dedicata a Vittoria Alatri. Pietre d’inciampo – Viale Spartaco Lavagnini 41-Qui abitava Alatri VittoriaE’ opera di Vittoria Alatri il ritratto che raffigura la balia di Dino e di Arrigo Di Castro (figli di Anna Sacuto, sorella di Gino) e che la figlia di Arrigo, Claudia Di Castro, mi ha gentilmente segnalato.MARIO GIORGIO SALVADORI
Nato a Roma il 19 marzo 1907 da Riccardo e Ermelinda Alatri (figlia di Marco Alatri e nipote di Samuele Alatri). Cattolico, ingegnere civile, appassionato di montagna, nel 1953 sposò Giuseppina Tagliacozzo, appartenente a una ricca famiglia ebrea di Roma. Con l’entrata in vigore delle leggi razziali nel 1938 lasciò l’Italia e si trasferì negli Stati Uniti dove insegnò alla Columbia University e esercitò la sua attività professionale. Risposato con Carol Bookman, nel 1987 fondò il Salvadori Educational center on the built environment, una fondazione no-profit che si proponeva di utilizzare la città come aula di studio per aiutare insegnanti e studenti a padroneggiare i concetti di matematica e scienze. Morì a New York il 25 giugno 1997.
Ha scritto “Addio alle Crode”, nel quale racconta le sue esperienze in montagna e le imprese come rocciatore nelle Dolomiti, dove trascorreva, a partire dal 1926, le vacanze estive con la famiglia. 

GIACOMO ALATRI e VALENTINA SEGRE
Mio nonno, Giacomo Alatri (29/01/1879-24/11/1942), figlio di Marco e fratello di Lionello, ha sposato Valentina Segre (29/1/1890-06/10/1979 Roma), figlia del Comandante Giacomo Segre.Giacomo Balla, ritratto di Valentina Segre
 

Giacomo Balla, Ritratto di Valentina Segre (1926)

 

 

 

 

GIACOMO SEGRE
Giacomo Segre (Saluzzo 07/03/1839-Chieri 09/10/1894), padre della nonna Valentina, comandante della 5° batteria del 9° Reggimento dei bersaglieri, in qualità di militare dell’esercito del Regno di Sardegna, “diede l’ordine di fare fuoco sul muro di cinta della città”, nei pressi di Porta Pia a Roma. Un’azione che diede il là all’atto famoso come “la breccia di Porta Pia”, come rammenta Paolo Alatri in “Ricordi e riflessioni sulla mia vita e la mia attività”.
Giacomo Segre sposò Annetta Segre dalla quale ebbe Roberto Segre, Amalia Segre Jona, Ulderico Davide Segre, Claudia Segre Calabi, Aurelio Segre, Ippolito Segre, Marcello Segre, Valentina Segre Alatri.
E’ sepolto a Chieri (TO), suo paese natale, nel settore ebraico del cimitero, dove è ricordato solo dal 21 settembre del 2000, grazie a una targa apposta per iniziativa del Comune di Chieri, della Provincia di Torino e dell’Asociazione Nazionale dei Bersaglieri.
A Roma, il 20 Settembre 2020 in suo ricordo è stata posta dall’Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia una targa in via Nomentana 133.
Targa in memoria di Giacomo Segre, Giulio Cesare Paoletti, Carlo Corsi e Michele Plazzoli


IL GIUDEO DELLA BRECCIA DI PORTA PIA, di Valter Vecellio (FB, 20 settembre 2018)
“A Porta Pia, non c’è nessuna lapide. Per trovarne una, si deve andare al cimitero di Chieri, in Piemonte, nella zona ebraica. Giacomo Segre era un capitano (1839 – 1894); quel giorno, aveva 31 anni: comandava la V batteria pesante del IX reggimento di artiglieria. Alle 5.20 del fatidico 20 settembre 1870, ordina d’aprire il fuoco contro Porta Pia. Subito dopo sparano anche la II e l’VIII batteria del VII reggimento, dirette dai capitani Buttafuochi e Malpassuti. I loro 888 colpi creano la breccia da cui i bersaglieri irrompono nella capitale dei papi, trasformandola in quella dell’Italia Unita.

Appena dieci giorni prima, racconta il conte Ponza di San Martino, latore dell’ultima lettera di re Vittorio Emanuele II a Pio IX Mastai Ferretti, questi aveva detto: «Non sono profeta né figlio di profeta; ma in realtà vi dico che non entrerete a Roma». Aveva anche scomunicato chi avesse ordinato d’assalire la città santa. Si sa: tutto invano. Anche la difesa delle 150 bocche da fuoco del papa, e dei suoi 10.915 uomini in armi: contrapposti ai circa 50 mila uomini del generale Raffaele Cadorna.
30 METRI
Segre spara per primo, una storia poco nota, proprio per la scomunica di Pio IX: a lui non interessava molto, perché era un ebreo. Come del resto interessava poco anche a Nino Bixio, noto «mangiapreti» attestato sul Gianicolo, a tre miglia da Porta San Pancrazio: e infatti apre pure lui il fuoco. Proprio nelle ore dell’assalto, Pio IX ricordava ai diplomatici dei 17 Paesi accreditati che «Bixio, all’epoca della Repubblica Romana, voleva affogare nel Tevere il papa e tutti i cardinali». Ma il primo colpo verso il tratto di mura tra Porta Pia e Porta Salara, dove verrà aperta una breccia di 30 metri attraverso cui passano i bersaglieri, è stato di un capitano ebreo: forse, proprio in quanto tale. Era il nonno materno dello storico Paolo Alatri, il quale ricordava: «In seguito, fece un po’ di carriera; divenne colonnello, ma non andò oltre, perché morì giovane». Aveva 55 anni.
GIORNATA CALDA
L’anno dopo Porta Pia, Segre sposa Annetta; nasceranno nove figli. Uno, Ippolito, cade sul Carso nella Prima guerra; un altro, Roberto (1872 – 1936) fa carriera: è con il Duca d’Aosta, Emanuele Filiberto, nella prima Guerra, poi libera Gorizia; quindi, dirige la missione italiana a Vienna, e ne seguono un oscuro processo e un arresto che gli troncano, pare ingiustamente, il «cursus honorum». Di Giacomo non si sa troppo: diventa direttore dell’Arsenale di Torino; una foto ce lo tramanda con una medaglia al petto, fiero, in divisa. Il 20 settembre era appostato a Villa Torlonia, il suo comandante era il maggiore Luigi Pelloux: dirigeva 12 cannoni di grande calibro; ne ottiene una medaglia d’argento, per la «splendida direzione data al fuoco della sua batteria». E l’indomani scrive alla fidanzata: «Ieri fu giornata abbastanza calda. Contro la mia aspettazione, le truppe pontificie fecero resistenza, e si dovette coi cannoni aprire la breccia che fu poi presa d’assalto dalla fanteria e bersaglieri.
La mia batteria prese parte all’azione e se ne levò con onore. Rimase morto un caporale, ferito gravemente il mio tenente, che morì stamane». Feriti pure «un altro caporale che forse non camperà fino a stasera e più leggermente altri quattro cannonieri. Roma è nostra, e domani andrò a visitarla. Fu un talismano che mi preguardò da quel nuvolo di palle che mi fischiavano d’attorno».
CHIERI
A Chieri gli ebrei sono scomparsi. Fino al 1931 era una delle più forti comunità del Piemonte: dal XV secolo. Nel 1724, i 73 abitanti ebrei, rinchiusi nel nuovo ghetto. Nel 1937, smantellata la sinagoga: gli arredi trasferiti nel tempietto sotterraneo di quella di Torino; ne resta solo lo scalone monumentale, a Palazzo Villa. Nel cimitero c’è una lapide con due cannoni incrociati ed il ricordo di Porta Pia; dal 2008, sul muro esterno, un’altra è dedicata a lui. Pochi lo ricordano; ogni 20 settembre, la Consulta torinese per la laicità delle istituzioni gli rende omaggio: anche stavolta. Di Giacomo, in tanti tacciono.
Il più autorevole testimone del 20 settembre era un ufficiale di 24 anni, già direttore de «L’Italia militare», che scriveva sulla «Nazione»: Edmondo De Amicis. Ma stava nelle retrovie: «Non ricordo che ora fosse quando ci fu annunziato che una larga breccia era stata aperta vicino a Porta Pia». Era totalmente diroccata; ne restava in piedi, intatta, dietro, soltanto un’immagine della Madonna. Era nata l’Italia unita: merito anche di questo ebreo, che non temeva la solenne scomunica papale”.
Il 20 settembre 2020, nel giorno dell’anniversario della presa di Roma, è stata scoperta una targa in memoria di Giacomo Segre in via Nomentana 133. La targa è stata posta nel punto da cui la batteria comandata da Segre fece partire i primi colpi la mattina del 20 settembre 1870.
“Lo stratagemma di Porta Pia: un Capitano ebreo aprì la breccia”, Il Messaggero, 19 settembre 2014.
“Porta Pia: la cannonata di capitan Segre che riscattò e illuse gli ebrei”, Riccardo Di Segni, 19 settembre 2020.
Porta Pia, una memoria riconquistata nel segno del Capitano Segre, Moked, 25 settembre 2020

ROBERTO SEGRE (1872-1936)
Figlio del Colonnello Giacomo Segre e fratello della nonna Valentina, Roberto Segre seguì le orme del padre intraprendendo fin da giovanissimo la carriera militare e si segnala per i suoi studi che riguardano l’evoluzione tecnologica per l’arma di artiglieria e l’impiego di nuove armi come le mitragliatrici. Le sue proposte lo mettono in contrasto con il Ministero della guerra, che ha optato per altre scelte, cosi come le sue rimostranze legati ai metodi della promozione da lui attesa. Alla vigilia della guerra di Tripolitania nel 1911 viene assegnato all’Ufficio coloniale e parte per la Tripolitania e la Cirenaica. Partecipa alla prima Guerra mondiale e una volta firmato l’armistizio che impone all’Austria la cessazione delle operazioni militari, il 3 novembre 1918 viene nominato Capo della Missione disposta dal Comando supremo Italiano per la verifica delle clausole dell’Armistizio. La presenza di Segre a Vienna è poco gradita a molti dei governi dei nuovi Stati sorti con il tracollo dell’Impero e subisce gli attacchi della stampa antimilitarista e progressista, nonostante i numerosi successi ottenuti, come il recupero di molte opere d’arte trafugate. Una vicenda giudiziria lo travolge, subisce il carcere per poi essere assolto da ogni accusa. Ciò mette tuttavia fine alla sua carriera. Muore, malato, nel 1936, con un ulteriore oltraggio: la cancellazione dai ruoli a causa dei provvedimenti voluti dal regime con le leggi razziali del 1938.

IPPOLITO SEGRE (1886-1915)
Figlio di Giacomo e di Annetta Segre, fratello di Roberto e della nonna Valentina, prese parte alla prima guerra mondiale. Morì il 21 novembre a causa di una ferita d’arma da fuoco a Selletta di Oslavia (GO), città che fungeva da valico sulla cresta delle colline che uniscono il Podgora al Sabotino. Occupata dall’Esercito austro-ungarico subito dopo dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, Oslavia cadde nelle mani del Regio Esercito con la quarta battaglia dell’Isonzo.

MARCELLO SEGRE (1887-1979)
Figlio del colonnello Giacomo Segre, fratello minore di Roberto e della nonna Valentina, intraprende la carriera militare e partecipa alla Grande guerra durante la quale rimane ferito nel combattimento sul Monte Pasubio. Viene nominato Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto e promosso a Colonnello a titolo onorifico nel 1971.

DINO SEGRE (1893-1975)
Discendente di Salvador Segre (padre di Giacomo Segre e nonno della nonna Valentina), scrittore e giornalista fu noto con lo pseudonimo di Pitigrilli.

LUCIANO JONA (Chieri, 24 marzo 1897-Torino, 11 febbraio 1979)
Figlio di Salvatore Jona e di Amalia Segre (figlia di Giacomo Segre e sorella di mia nonna Valentina Segre) è stato un politico italiano. Nel 1945 fu designato dal CLN a rappresentare il Partito Liberale Italiano. Dal 1945 al 1956 fu Assessore alle finanze della Provincia di Torino e per molti anni presiedette l’Istituto Bancario San Paolo di Torino. Ricoprì la carica di assessore provinciale, consigliere comunale e Sindaco di Torino facente funzione per quattro mesi tra il 1964 e il 1965. Svolse il ruolo di docente all’Università di Torino. La Facoltà di Economia e Commercio gli ha dedicato l’Aula Magna.
LUCIANO JONA, Testimonianza di RICCARDO FORMICA, Incontro del 28 aprile 2004 (pag. 98).

DANIELE CALABI (1906-1964)
Architetto, figlio di Claudia Segre, sorella della nonna Valentina. Le persecuzioni razziali lo portarono ad emigrare in Brasile. Rientrato in italia insegnò a Padova e a Venezia.
Ricordando Daniele Calabi. Conversazione con Donatella Calabi

MARCELLA REINACH
Figlia di Ernesto Reinach, sposata con Marcello Segre, figlio di Giacomo Segre e fratello di mia nonna Valentina Segre, quando udì alla radio che i tedeschi avevano occupato il Nord Italia, si decise a partire con la famiglia attraverso il valico di Lanzo e grazie all’intervento di un socio della ditta paterna riuscì a raggiungere la salvezza.
La famiglia subì la confisca e il trasferimento all’ente liquidatore dei beni immobili in Lanzo Intelvi (fabbricati e terreni) appartenenenti alla “ditta Reinach Marcella, Carla, Luisa, Antonietta di Ernesto, proprietari e Reinach Ernesto usufruttuario in parte, tutti di razza ebraica”.
Fondo EGELI-Ente di gestione e liquidazione immobiliare, Pratiche nominative beni ebraici
Perseguitati perchè ebrei. La triste storia dei Reinach

DAN SEGRE
Figlio di Paolo Segre (primogenito di Roberto e nipote di Giacomo Segre) Dan Segre prese parte alla Guerra dei Sei Giorni al Comando di una squadriglia di cacciabombardieri. Il 5 giugno 1967, primo giorno del conflitto, venne trucidato da contadini siriani, dopo che il suo aereo era stato abbattuto dall’aviazione siriana nel corso di un’operazione militare. Aveva 28 anni e le foto del suo cadavere, appeso ad una croce, apparvero sugli schermi della televisione siriana.
DAN SEGRE “Mio figlio crocifisso”, Il Resto del Carlino, 22 ottobre 1970
Era di origine piemontese il piolota di Israele crocifisso dai Siriani, La Stampa, 20 luglio 1967

ANDREA ALATRI

Mio padre, Andrea Alatri (Roma 22 marzo 1921-25 aprile 1972 Roma) è figlio di Giacomo e di Valentina Segre e fratello di Paolo e di Franca Scagliarini.
Avvocato civilista, è stato il socio fondatore, con Alberto Cortina, del primo studio legale della capitale che si è occupato di cinema, divenuto poi lo studio “Alatri, Cortina, Cau” che, nella metà degli anni ’50, divenne la sede delle grandi battaglie che il cinema italiano intraprese per l’abolizione della censura, il diritto d’autore, la tutela degli attori e dei lavoratori dello spettacolo.

 PAOLO ALATRI
Il fratello di mio padre, Paolo Alatri (Roma 27 febbraio1918-Roma 30 ottobre 1995), giornalista e professore universitario, ricoprì la carica di Segretario Generale dell’Associazione italiana per i rapporti culturali con l’Unione Sovietica (1961-1970), Presidente dell’Associazione (1970-1980) e quella di deputato parlamentare dal 1963 al 1968.
“Giunse finalmente il passaporto, portato a Roma dal compagno Nunziante, con l’indicazione di passare da Chiasso. Scelsi di farmi aiutare da due amici di Pietro, Paolo Bufalini e Paolo Alatri…Io dovevo uscire presto, come se andassi a Ostia a passare la giornata festiva, trovare Paolo Alatri vicino al Tempio di Vesta, montare sulla sua Balilla e farmo condurre alla stazione di Orvieto….Paolo conduceva velocemente la sua piccola macchina per le strade tortuose e vuote di un mattino dorato dell’autunno romano…”(
Un’Isola, di Giorgio Amendola, 1980).
“Prima dell’otto settembre, il movimento antifascista nella scuola fu il più vitale e organizzato che esistesse a Roma. Le polemiche non attenuarono il legame comune che univa i diversi gruppi, spesso orientati in maniera completamente opposta, e il legame comune era la lotta contro il fascismo e contro la guerra. In quegli anni si ebbero manifestazioni clamorose all’interno dell’Università di Roma, ma frequentemente i giovani uscivano dalle aule e stabilivano contatti con gli operai, irradiando nella città una complessa rete di collegamenti clandestini. Fu da questa lotta che nacque il gruppo dirigente del Partito Comunista e fu da questo ambiente che il Partito d’Azione trasse i suoi più validi rappresentanti. A questi due partiti la scuola romana dette i migliori dei suoi figli ed appartenne a loro il maggior numero di caduti. Sarà utile ricordare qualche nome fra quegli studenti che, in anni diversi, contribuirono all’affermarsi di un movimento antifascista all’interno delle scuole e dell’Università di Roma: Mario Alicata, Pietro Amendola, Antonio Amendola, Paolo Alatri, Massimo Aloisi, Paolo Bufalini, Giacinto Cadorna, Vittorio Gabrieli, Antonio Giolitti, Pietro Ingrao, Lucio Lombardo Radice, Aldo Natoli, Giaime Pintor, Dario Puccini, Franco Rodano, Pier Luigi Sagona, Luigi Silvestri, Carlo Salinari, Paolo Solari, Bruno Sanguinetti, Antonello Trombadori, Ruggero Zangrandi, Tullio Vecchietti e Bruno Zevi”. (La Resistenza della Scuola romana, Giorgio Caputo).
Paolo Alatri-Parlamento Italiano, scheda biografica.
“Ricordi e riflessioni sulla mia vita e la mia attività”, Paolo Alatri, settembre 1995

IL VILLINO E LA PALAZZINA ALATRI
La famiglia di mio padre visse per un lungo periodo nel villino Alatri a Roma, in via Paisiello 38. Commissionato da Giacomo Alatri, il villino fu progettato dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo (Roma, 1890 – Roma, 1966) e venne interessato, nel  1948-49, da un intervento ad opera di Mario Ridolfi, Volfango Frankl e Mario Fiorentino che condusse alla realizzazione di una sopraelevazione moderna, che si contrappone decisamente all’edificio originario e per la quale il villino appare in diversi testi di architettura.

 

 

 

E’ sempre dell’architetto Ballio Morpurgo il progetto della palazzina in via Domenico Chelini n. 10, ai Parioli, costruita da mio nonno Giacomo Alatri, dove siamo nati.

Valentina Segre affacciata dal palazzo di via Domenico Chelini, Roma

ALFREDO PAPPALARDO
Mio nonno materno, Alfredo Pappalardo (Reggio Calabria 2/01/1900-16/11/1985 Roma), ingegnere, sposato con Laura Melloni (Pieve di Cento 1902-Roma 1989) ricevette nel 1926 il primo incarico dall’Opera Nazionale Combattenti presso la Direzione Lavori della bonifica della Stornara (Taranto). Nel 1929 fu trasferito a Bolzano presso la Direzione Lavori dell’Alto Adige dove partecipò ai lavori per la bonifica di Zambana (Trento). Chiamato a Roma presso la sede centrale, nel 1931 gli venne affidato l’incarico di collaborare alle attività in Agro pontino “dove mia madre, e noi sorelle lo abbiamo seguito e dove abbiamo vissuto cambiando più volte sede a seconda degli incarichi che via via gli venivano affidati e soprattutto dove era disponibile una abitazione, cominciando da Cisterna, poi a Littoria, a Sabaudia, ad Aprilia e nuovamente a Littoria…” Così mia madre Giovanna racconta quegli anni nel libro “A mio padre”.

Palazzo Municipale ONC-Pontinia
Nel 1934 gli venne affidato l’incarico di redarre il Piano Regolatore di Pontinia, una delle città di “fondazione” insieme a Littoria (Latina), Pomezia, Aprilia e Sabaudia e, una volta scelto il luogo, il piano edilizio.
Nella Relazione Generale scriveva: “E’ ispirato alla massima semplicità e comodità di traffico. Per accedere al Centro dalla via Appia si è approfittato della mezza Migliara 47 e della Migliara 48 dalle quali, appena traversati i rispettivi ponti sul Diversivo, partono due strade diagonali che conducono alla strada principale di Pontinia. Per accedere a Pontinia da Sabaudia e da Littoria sono previste altre due strade diagonali di minore importanza”. Quanto ai fabbricati “I progetti tutti sono stati studiati con la collaborazione artistica dell’Architetto Oriolo Frezzotti. L’architettura dei singoli fabbricati è ispirata alla ruralità dell’ambiente, facendo predominare il motivo che giuoca sul contrasto del paramento a cortina di mattoni con varie tinte su intonaco e limitatissimi rivestimenti in travertino o finto travertino”.
Gli fu poi affidata la Direzione Lavori per la costruzione di Aprilia e partecipò a numerosi progetti sempre nell’ambito della bonifica del territorio pontinio, tra i quali quelli riguardanti la bonifica e la trasformazione fondiaria di Borgo Vodice, la strada lungomare Littoria-Torre Paola, la casa del fascio per le poste di Borgo Ermada (insieme all’Architetto Luigi Piccinato), la sistemazione di strade e canali, la realizzazione delle case del fascio per Borgo Piave, Borgo Isonzo, Borgo Sabotino, Borgo Carso, la costruzione di fabbricati rurali.
“La nostra è stata in un certo senso una vita di colonia, che a me ragazzina non dispiaceva, ma che per gli adulti non era facile: isolati dal resto del paese, collocati in una realtà fatta di grandi fatiche e di rischi (la malaria imperversava e le difese, allora, erano insufficienti), a contatto con la miseria dei coloni e degli operai ingaggiati nelle opere di bonifica che cercavano di riscattarsi attraverso il lavoro” (A mio padre, Giovanna Pappalardo Alatri).
Nel Museo della Medaglia, della Grafica Incisa e della Fotografia “M. Valeriani” è conservato il fondo donato da mia madre al Comune di Latina, costituito da 99 immagini che illustrano i momenti più rilevanti di quell’esperienza. Le fotografie, che raccontano l’arrivo a Littoria di personaggi illustri, la realizzazione delle opere di bonfica e di costruzione degli edifici, sono pubblicate nel “Repertorio fotografico” edito dal Comune di Latina, Servizio Pinacoteca e Musei (2004).

Borgo Vodice-il serbatoio

Nel 2015, in occasione dell’80° anniversario dell’inaugurazione di Borgo Vodice (nel Comune di Sabaudia), la cui realizzazione iniziò nel 1934 secondo il piano dell’Ing. Alfredo Pappalardo in collaborazione con il gruppo dell’architetto Luigi Piccinato, è stata intitolata una piazza alla memoria di mio nonno.
L’area su cui sorge Borgo Vodice è quella compresa tra Lestra Molina delle Capre e Lestra Fontana d’Alma dove ristagnavano le acque che non trovavano letto nel Fosso di Campolungo e nel Fosso di Campofaiano. I primi coloni o appoderati giunsero tra il mese di ottobre e quello di novembre del 1934, mese dedicato a Cristo Re e dal quale, verosimilmente, prende nome la Chiesa e l’intera Parrocchia. Il nome ricorda il Monte Vodice (652 m), altura simbolo della Grande Guerra situata a nord-est di Gorizia in territorio sloveno.
“Borgo Vodice: storia, personaggi ed epoche” di Luciano Colantone edito da Artegraf, 2011.
Percorso urbanistico razionalista: Borgo Vodice

Mia madre Giovanna Pappalardo (Rimini, 7 agosto 1931) ha lavorato alla RAI. Laureatasi in pedagogia, è stata docente montessoriana e collaboratrice del Museo Storico della Didattica “Mauro Laeng” dell’Università degli Studi ROMA TRE (ora Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng”).
Ricordando gli anni trascorsi a Latina, si è appassionata all’esperienza dell’alfabetizzazione. Dalle sue ricerche è nato il libro “Dal chinino all’alfabeto” (Fratelli Paolombi Editori) che ripercorre l’impegno, nei primi decenni del Novecento, ad opera di istituzioni e privati, tra i quali medici, letterati e artitisti come Alessandro Marcucci, Sibilla Aleramo, Duilio Cambellotti, Giovanni Cena, Angelo Celli, Anna Fraentzel Celli, per promuovere l’istruzione e combattere la malaria nei paesi dell’Agro romano.
Dopo la sua esperienza come maestra nelle scuole Montessori ha pubblicato una serie di libri legati alla figura di questa grande e innovativa educatrice.
Tra le sue pubblicazioni:
-Ebrei a Roma Asili infantili dall’Unità alle Leggi Razziali, Fefè Editore
Una vita per educare, tra arte e socialità, Alessandro Marcucci (1876-1968), Edizioni UNICOPLI
Gli asili di infanzia a Roma tra otto e novecento, Edizioni UNICOPLI
Maria Montessori, In viaggio verso l’America, Fefè Editore
Il mondo al femminile di Maria Montessori, Fefè Editore
Brodo di rose e sole, Fefè Editore

Al ramo materno appartiene Mario Melloni (San Giorgio di Piano 1902-Milano 1989), cugino di mia nonna materna Laura Melloni. Giornalista, deputato, direttore di Paese Sera dal 1956 al 1963, scrisse sulla prima pagina de l’Unità, dal 1967 al 1982, i famosi corsivi firmati Fortebraccio.
60 anni di giornalismo_Cesare Lanza, LaVerità, 4 gennaio 2017-2-parte

La sorella di mia madre, Luisa Pappalardo (Bologna 10 agosto 1929 – Roma 15 gennaio 2023), giornalista de L’Unità, ha sposato Carlo Melograni (Roma 11 gennaio 1924 – Roma 1 novembre 2021) architetto, già Preside della Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre. Allo zio Carlo è stato dedicato un francobollo in occasione del centenario della sua nascita.

Carlo Melograni, una città «a misura umana»
Cosa può insegnare la vita di Carlo Melograni ai sindaci del futuro

Fratello dello zio Carlo è lo storico Piero Melograni (15 novembre 1930-27 settembre 2012).
Melograni, che non volle essere “fiore all’occhiello”, Federico Orlando, Europa, (1)/(2), 28 settembre 2012
“Melograni, la storia come libertà”, Giovanni Belardelli, Corriere della Sera, 28 settembre 2012.

BIBLIOGRAFIA
Samuele Alatri
-“Cenni biografici di Samuele Alatri scritti da suo figlio Marco”, 18 gennaio 1890
-“L’emancipazione degli Ebrei nella vita nazionale italiana, con particolare riferimento alla figura di Samuele Alatri”, tesi di laurea di Amedeo Tagliacozzo, da “La Rassegna Mensile di Israel”, n. 39, 1973
Samuele Alatri, Storia degli Ebrei di Roma, Abraham Berliner, Rusconi Editore,1992
Samuele Alatri-Repubblica romana e comunità ebraica, Cinzia Dal Maso, 11 Gennaio 2012
Gazzetta Ufficiale Regno d’Italia n. 47, 26 febbraio 1910
-“Alatri, Samuele”, voce a cura di Alberto Caracciolo, Dizionario Biografico degli Italiani- Volume 1, 1960
-“Samuele AlatriUna storia attuale”, La Cristalleria, 2008
-“Samuele Alatri”, Specchio Romano.it, Cinzia Dal Maso, 11 gennaio 2012
-“Samuele Alatri”, Camera dei Deputati
-“Samuele Alatri figura dominante nell’Ebraismo romano del secolo scorso”, Amedeo Tagliacozzo, La Rassegna Mensile di Israel, terza serie, Vol. 39, No. 5, Maggio 1973, pp. 278-296
-Nel centenario della morte di Samuele Alatri “Una vita al servizio della comunità di Roma”, Amedeo Spagnoletto
“Una piazza per Samuele Alatri”, Daniele Ascarelli, 18 dicembre 2009, Moked-il Portale dell’Ebraismo Italiano
Samuele Alatri, l’ebreo che si oppose alla rimozione del crocifisso, -Archivio di Gabinetto della Prefettura di Roma (1871-1920): “18.42. Alatri comm. Samuele” (Onoreficienze, Busta 338, pag 421)

Provvedimenti a favore degli ebrei (Demarco D., “Pio IX e la rivoluzione romana del 1848. Saggio di storia economica e sociale”, Modena, 1947)
Judei de Urbe. Roma e i suoi ebrei: una storia secolare, Atti del convegno, Archivio di Stato di Roma, 7-9 novembre 2005, a cura di Marina Caffiero e Anna Esposito
“XX settembre–Gli Ebrei di Roma dal Ghetto all’Emancipazione”, Anna Foa, 21 settembre 2010, Moked-il Portale dell’Ebraismo Italiano
“Gli effetti delle leggi razziali sulle attivita’ economiche degli ebrei nella citta’ di Roma-Le società anonime e le attività economiche degli ebrei a Roma (1938 – 1943)”, Alessandra Camerano“, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura Roma – Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, 2004
“XX settembre-Il capitano ebreo che aprì la strada”, Gadi Polacco, Moked-il Portale dell’Ebraismo Italiano
“Gli Artiglieri a Porta Pia”, Vero Fazio
Il generale Roberto Segre “Come una granata spezzata nel tempo”, Antonino Zarcone, Roma, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio storico, 2004
“Il seguito della storia Giacomo e Roberto Segre tra Breccia di Porta Pia e Grande Guerra”, Vero Fazio, Salomone Belforte Sas di Ettore Guastalla, 2021
“Il Generale Roberto Segre, Stella d’Italia e di Davide”, Aldo A. Mola, Il Giornale del Piemonte, 4 maggio 2014
“Storia degli ebrei in Roma” (Parte Terza), Giacomo Blustein, 1921
“Storia degli ebrei di Roma”, Abraham Berliner, Rusconi, 1992
“Conversazione con Paolo Alatri”, Estratto da “L’Italia contemporanea”-Studi in onore di Paolo Alatri-II, Eugenio Di Rienzo, Edizioni Scientifiche Italiane, 1990
Ebrei e Sinagoghe, Storti Edizioni, 1995
Gli Ebrei e il Lazio, Archivi e Cultura, Rivista fondata da Antonino Lombardo, 2008
“Ditta Iacob V. Alatri”, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 26 febbraio 1910
Villino Alatri
Ricordi e riflessioni sulla mia vita e la mia attività, Paolo Alatri, 1995
Elvio Giuditta_Araldica ebraica in Italia
Repertorio Fotografico, Fondo conservato nel Museo della Medaglia, della Grafica Incisa, della Fotografia “M. Valeriani”, Comune di Latina, Servizio Pinacoteca e Musei, 2004
Il Municipio della terza Roma/Elenco nominativo dei Consiglieri comunali 1870-1891
CDEC-Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, I nomi della Shoah

RASSEGNA STAMPA
“Giovanna Cau, paladina del cinema”, Corriere della Sera, 14 marzo 2013
“Giovanna Cau, gli amici di una vita per i suoi 90 anni”, Corriere della Sera, 11 marzo 2013
“Quando Marcello portava la gazzosa”, I
ntervista a Giovanna Cau, Fatto Quotidiano, 3 agosto 2014
“Quando Mastroianni riceveva i clienti dello studio di Giovanna Cau
, Gianni Minà, VIVAVERDI, n. 2 Anno 2007  
“Abitare confinati in un pastiche, Maurizio Giufrè, il Manifesto, 8 aprile 2016
“Il ricatto dell’oro agli ebrei e poi la deportazione”, Patria Indipendente, 11 aprile 2010

Aggiornamento novembre 2024

 

4 pensieri su “Storie di famiglia

  1. Che meraviglia Fede , tutti i nostri ricordi….la capannina dove passavamo le nostre giornate……. e poi poffarbacco ………non mi sono mai resa conto di essere accolta in una famiglia così importante
    un bacio grande
    Anto

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