Raffaele de Vico: maltrattato ma non dimenticato

Si è tenuta a PALAZZO BRASCHI (fino al 30 settembre 2018) una piccola ma preziosa e interessante mostra su Raffaele de Vico, l’architetto che più ha segnato il verde pubblico di Roma dai primi anni del novecento fino all’inizio degli anni sessanta, progettando e realizzando una parte consistente dei parchi e dei giardini pubblici della capitale.
Nato a Penne, in Abruzzo, nel 1881, de Vico divenne consulente artistico del Comune di Roma alla metà degli anni ’20. Dopo una lunga carriera, muore a Roma nel 1969, lasciando un patrimonio che oggi  mostra evidenti condizioni di degrado, sia dal punto di vista della manutenzione che della perdita, per interventi di trasformazione, dell’identità originale.
La mostra, curata da Alessandro Cremona, Claudio Crescentini, Donatella Germanò, Sandro Santolini e Simonetta Tozzi, ripercorre la storia del verde pubblico romano nella prima metà del passato secolo, con l’esposizione di quasi 100 opere fra disegni, progetti, fotografie e documenti provenienti dalle collezioni capitoline (Museo di Roma Palazzo Braschi, Galleria d’Arte Moderna e Museo Canonica) e dagli archivi capitolini, con particolare riferimento all’Archivio Storico Capitolino a cui l’anno scorso è stato donato dagli eredi l’archivio personale di Raffaele de Vico. E’ possibile così conoscere alcune delle più rilevanti trasformazioni della città: da Villa Borghese (per un ventennio a partire dal 1915) al Parco della Rimembranza a Villa Glori (1923-1924), dai progetti per i parchi Flaminio (1924), del Colle Oppio (1926-1927), Testaccio (1931) a quelli di Ostia Antica (1929-1930), di Santa Sabina sull’Aventino (1931), di Castel Fusano (1932-1937) e Cestio (1938). Così come per i giardini di Villa Caffarelli (1925), Villa Fiorelli (1930-1931) e Villa Paganini (1934) e per il Parco degli Scipioni (1929) e per quello Nemorense (1930); o il particolare progetto per i giardini dell’allora via dell’Impero e di via Alessandrina (1933), da affiancare alle esedre arboree realizzate per la sistemazione di piazza Venezia (1931) oltre al raffinato “giardino-fontana” di Piazza Mazzini (1925-1926), fino ad arrivare al grandioso progetto del parco “dantesco” del Monte Malo (Monte Mario, 1951) e a quelli per i giardini dell’EUR (1955-1961). E ancora i progetti per il teatro all’aperto a Villa Celimontana (1926) e per l’ampliamento del Giardino Zoologico (1928) e i lavori di riorganizzazione del vivaio e delle serre di San Sisto Vecchio (1926-1927).
Comunicato stampa RAFFAELE de VICO Museo di Roma
Elenco opere
Pannelli
Sempre su de Vico è da menzionare il libro “I giardini e le architetture romane dal 1908 al 1962”, che nasce dalla Tesi di Dottorato di Ulrike Gawlik nel campo della storia dell’Arte dei Giardini e Architettura nella prima e seconda metà del XX secolo e offre un quadro approfondito e complessivo di questo protagonista assoluto del patrimonio di aree a verde che ancora oggi caratterizza la città.
Recensione di Federica Alatri

ACER n. 1/2018

L’Italia dei dialetti: “Dizionario gastronomico”

Tra il 1959 e il 1960 la RAI mise in onda, nell’ambito del programma “Sapere”, il ciclo “L’Italia dei dialetti”.
Una delle puntate, “Dizionario gastronomico”, trasmessa il 26 novembre del 1959, fu dedicata ai diversi termini dialettali gastronomici utilizzati in varie regioni d’Italia.
Gli interventi del Prof. Giacomo Devoto, uno dei più noti linguisti del Novecento e le interviste, che raccontavano un mondo di tradizioni in cucina che già allora andava scomparendo, rappresentano un modo colto e non superficiale di far conoscere un tema di grande interesse, oggi a volte inflazionato e allontanato dalle radici e dalle società da cui proviene.

Parole e Immagini contro le mafie-Diario pubblico

Si è svolta a Roma, dal 2 al 4 febbraio 2018, l’iniziativa Contromafiecorruzione, promossa da LIBERA, nell’ambito della quale si è tenuta la giornata seminariale PAROLE E IMMAGINI CONTRO LE MAFIE.
Una giornata molto interessante in cui, ai racconti delle esperienze dei protagonisti, si sono aggiunti i ricordi di alcune delle figure più significative della lotta alle mafie.
All’incontro, coordinato da Nello Ferrieri e Elisabetta Antognoni di Cinemovel, hanno partecipato, in qualità di relatori, Marcello Ravveduto, che all’Università degli Studi di Salerno tiene il corso “Public Digital History” di Scienza delle Comunicazioni, Sandro Ruotolo, Giornalista, Giancarlo De Cataldo, Scrittore, Franco Montini, Giornalista, Marco Tullio Giordana, Regista, Angelo Barbagallo, il produttore di Fortapàsc, il film sulla storia di Giancarlo Siani, Monica Zapelli, Sceneggiatrice e autrice, che racconta di Felicia Impastato e del film “I cento passi”Pasquale Scimeca, Regista, direttore del Corso Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia nella sede di Palermo, autore di “Palcido Rizzotto”, “Rosso Malpelo”, “Balon”, Davide Barletti, Regista e produttore, autore di “Fine pena mai” (dal libro di Antonio Perrone “Vista d’interni”) e “La guerra dei cafoni”, Alessio Praticò e Vanessa Scalera, interpreti di Lea, il film che ripercorre la storia di Lea GarofaloMarino Guarnieri, Regista e animatore, Roberta Franceschinelli, della Fondazione Unipolis, Nicola Leoni, Sindaco di Gazoldo degli Ippoliti (MN), dove si svolge il Festival “Raccontiamoci le mafie”, Antonella Micele, Vicesindaco di Casalecchio di Reno (BO) che ospita “Politicamente scorretto”, Alessio Giannone, Attore e regista, Jole Garuti, Autrice del libro su Saveria Antioca, madre di Roberto, poliziotto nella scorta di Ninni Cassarà, “In nome del figlio”, Loredana Martinez, Attrice.

 

 

L’Istao incontra Ivrea

Una nuova e fortunata coincidenza mi consente di coltivare ancora una volta la mia passione per Adriano Olivetti.
L’amicizia con una collega del Master “Gestione e riutilizzo di beni e aziende confiscati alle mafie. Pio La Torre” mi offre infatti l’occasione per partecipare alla visita “ISTAO incontra Ivrea” organizzata il 15 e 16 settembre 2017 per le celebrazioni dei 50 anni dell’Istituto Adriano Olivetti.
Ci accompagna, nei numerosi incontri con i protagonisti del mondo legato a Olivetti e al suo territorio e nelle visite ai tanti luoghi che maggiormente rappresentano la sua opera, Matteo Olivetti, figlio di David e nipote di Dino Olivetti.

Il nostro percorso inizia a Villa Casana, ex villa nobiliare già sede della presidenza di Adriano Olivetti e che oggi ospita l’Associazione Archivio Storico Olivetti e dove, per celebrare i Cento anni della Fondazione della Società Olivetti, l’Associazione nel 2008 ha organizzato un’importante mostra permanente.
Bruno Lamborghini ci parla del premio Imprenditore Olivettiano, istituito dall’Associazione Archivio Storico Olivetti e che viene assegnato ad alcuni imprenditori prescelti tra quanti nella conduzione della loro impresa si ispirano ai valori dell’impegno imprenditoriale di Adriano Olivetti (tra questi Cucinelli, Guzzini, Mario Pedrali, il gruppo della piattaforma “Arduino”).
Il sindaco Carlo della Pepa ci racconta della candidatura di Ivrea nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco, vista come un’opportunità per lo sviluppo futuro della città, interessata, come tanti altri luoghi del nostro paese, dalla crisi economica. Un percorso iniziato nel 2008, con la celebrazione del centenario della fabbrica Olivetti e che sarà esaminata in occasione della 42° sessione del Comitato per il Patrimonio Mondiale nel corso dell’anno 2018. Tra i criteri che hanno condotto Ivrea alla candidatura vi sono quelli che la portano ad essere considerata “un modello moderno di città industriale, con un complesso di edifici per l’industria, i servizi e le residenze di eccezionale qualità architettonica” e a rappresentare “il manifesto delle politiche del Movimento Comunità fondato a Ivrea nel 1947 e ispirato alla proposta di riorganizzazione dello Stato elaborata da Adriano Olivetti nel suo testo L’ordine politico delle Comunità, pubblicato nel 1945″. Nelle dichiarazioni di integrità e di autenticità si afferma che il sito candidato non ha conosciuto cambiamenti nella sua morfologia e ha mantenuto i suoi caratteri originari, con una serie di edifici progettati dai più famosi architetti italiani, esempio dunque eccezionale di città industriale del XX secolo.
Sono proprio questi edifici che costituiscono le stazioni del Museo Virtuale dell’Architettura Moderna di Ivrea e che ci vengono illustrati da Marco Peroni, autore del libro “Ivrea, guida alla città di Adriano Olivetti”.

All’estremità di ponte Isabella, oggi intitolato a Adriano Olivetti, il monumento dedicato a Camillo Olivetti e, lungo corso Jervis, la “fabbrica di mattoni rossi” che Camillo iniziò a costruire nel 1896, sul terreno che il padre Salvador Benedetto gli aveva lasciato in eredità, vicino alla stazione ferroviaria.
A partire dal 1934 fino al 1949, su iniziativa di Adriano, la fabbrica viene ampliata: sorgono così gli edifici progettati dagli architetti Luigi Figini e Gino Pollini (ampliamento I, ampliamento II, ampliamento III), strutture di vetro, luminose e chiare, che superano l’idea dell’officina buia e chiusa.
Nel 1939 viene costruito, sempre su progetto di Figini e Pollini, l’asilo nido che accoglieva i figli dei dipendenti dell’azienda dai sei mesi ai tre anni e nel 1955 l’edificio destinato ad ospitare i Servizi Sociali.
La Nuova ICO nasce nel 1955 e rappresenta l’ultimo ampliamento delle Officine Meccaniche su via Jervis: il progetto è di Figini e Pollini e la copertura, composta da venti lucernari di forma quadrata, che consentivano agli operai di lavorare con la luce naturale, viene progettata da Eduardo Vittoria.
E’ sempre di Eduardo Vittoria il Centro Studi ed esperienze, realizzato per rispondere all’esigenza dell’azienda di concentrare le attività di studio e progettazione in un luogo separato dagli altri.
Alle spalle delle Officine, sulla collina di Monte Navale (alle cui pendici si trova Villa Belli Boschi, unica proprietà della famiglia di Adriano Olivetti e dove egli abitò con la moglie Grazia Galletti), la mensa e il circolo ricreativo Olivetti, realizzati tra il 1953 e il 1961 su progetto di Ignazio Gardella. Alla mensa, che poteva servire fino a 500 pasti ai tavoli e 1800 al self service, si affiancavano gli spazi per la lettura, l’intrattenimento e lo sport (campi da tennis, campi per il gioco delle bocce, percorso attrezzato per la ginnastica).
Tra la mensa e le Officine l’edificio conventuale di San Bernardino, acquistato da Camillo Olivetti nel 1907, dove si trovavano gli uffici del Gruppo Sportivo Ricreativo Olivetti, un bar, un ristorante, la palestra per la danza classica e il centro d’incontro per le Spille d’Oro.
  Tra il 1926 e il 1976 l’azienda costruì più di milleduecento alloggi, tra i quali il Quartiere di Castellamonte (progetti di Figini, Pollini, Nizzoli e Oliveri), con case per famiglie numerose e per dirigenti, e l’Unità residenziale Ovest, detta Talponia (progetto di Roberto Gabetti e Aimaro Isola).
In corso Botta è il complesso La Serra, edificio polivalente a forma di gigantesca macchina da scrivere, costruito a partire dal 1967 per volontà di Roberto Olivetti, figlio primogenito di Adriano e nipote di Camillo, fondatore della storica azienda di macchine da scrivere.
Nei locali dell’Officina H, oggi occupati da uffici dell’Università e della ASL, Alberto Zambolin ci parla di “Pausa pranzo!”, un ciclo di “Conversazioni sull’economia civile” organizzato dall’Associazione Il Quinto Ampliamento presieduta da Stefano Zamagni e che si ispira a Adriano Olivetti: “l’idea al centro del suo progetto era quello dell’impresa civile: l’impresa come agente di trasformazione, non solo della sfera economica, ma anche di quella sociale e civile della società”.

Olivetti alla Settimana della Cultura d’Impresa 2017

Tre gli appuntamenti Olivetti alla Settimana della Cultura d’Impresa che si svolge dal 10 al 24 novembre 2017:
MOVABLE ARCHIVE
, un progetto pilota sul patrimonio storico della Società Olivetti attraverso le collezioni dell’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea, che si propone di ampliare la fruibilità di un archivio aziendale. Per progettare nuove versioni di un “archivio mobile”, gli studenti del Master in Interior and Living Design di Domus Academy analizzeranno la storia della fabbrica Olivetti per comprendere il target di destinazione e i contesti di potenziale interesse per la consultazione di un archivio. Gli esiti saranno prototipi in scala realizzati con la collaborazione dell’azienda piemontese Co.Ideas. Gli studenti dovranno quindi studiare, esplorare e sperimentare sia la parte educativa legata
ai contenuti, che l’aspetto visuale della postazione. I progetti saranno presentati pubblicamente a Milano nel febbraio 2018.
Martedì 14 novembre 2017, Domus Academy, Via Carlo Darwin, 20, Milano
Workshop didattico-Ingresso riservato
UNA BIBLIOTECA DI PSICOLOGIA IN FABBRICA

Nel 1943 Adriano Olivetti propose a Cesare Musatti di strutturare, all’interno della fabbrica, il Centro di Psicologia del Lavoro. La finalità del Centro di Psicologia era di collaborare con gli uffici di selezione e assunzione del personale, ma con l’obiettivo di avere un ruolo molto più ampio in tutte le questioni attinenti l’organizzazione del lavoro e il benessere dei lavoratori. Il Centro di Psicologia si dota in seguito di una biblioteca specialistica e, oggi, parte di questa biblioteca è stata recuperata e catalogata, ed è disponibile per essere consultata e studiata.
Intervengono:
Anna Maria Viotto, Bibliotecaria – Associazione Archivio Storico Olivetti
Laura Massaia, Bibliotecaria – Cooperativa Solidarietà Lavoro
Venerdì 17 novembre 2017, Ore 16.00, Villa Casana, Via Miniere,31, Ivrea (TO)
Visita guidata-Ingresso libero fino ad esaurimento posti
CONGEGNI SAPIENTI-STILE OLIVETTI: IL PENSIERO CHE REALIZZA
Mostre, negozi, film, manifesti, prodotti e persone della grande avventura olivettiana sono i protagonisti di questo volume che, attraverso l’analisi del patrimonio archivistico e bibliografico dell’Associazione Archivio Storico di Ivrea, propone una interpretazione dello Stile Olivetti. Ne traspare la matrice di un pensiero unitario dal quale nascono congegni sapienti che conducono il lettore dagli aspetti legati all’uso e alla funzione verso la scoperta dell’identità culturale della Olivetti.
Intervengono
Davide Gamba, Mondadori Bookstore – Ivrea
Andrea Benedino, Assessore Cultura, Turismo Città di Ivrea
Caterina Cristina Fiorentino, Autrice del volume
Riccardo Lorenzino, Hapax Editore
Anna Maria Viotto e Antonio Perazzo, Associazione Archivio Storico Olivetti
Sabato 18 novembre 2017, Ore 21.00, Mondadori Bookstore, Piazza Freguglia, 13, Ivrea (TO)
Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Un’Associazione del Benè Berith dedicata a Samuele Alatri

A giugno 2017 è stato eletto il nuovo Consiglio del Benè Berith di Roma, alla cui presidenza è stato nominato Federico Ascarelli. E’ stato anche dato avvio operativo alla nascita dell’Associazione Amici del Benè Berith con presidente Sandro Di Castro. All’Associazione è stato dato il nome di Samuele Alatri, il cui ricordo è stato celebrato il 26 settembre 2017 con una cerimonia presso la Camera dei Deputati.
Comunicato stampa Samuele Alatri-Amici BBerith

Verde urbano: un sistema vitale spesso trascurato

La rivista ACER segnala la recente relazione annuale 2017 del Comitato per lo Sviluppo del Verde Urbano istituito presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare secondo quanto previsto dalla Legge 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”. La relazione è corredata dalle “Linee guida per il governo sostenibile del verde urbano”, il cui obiettivo è quello di fornire alle amministrazioni locali indirizzi tecnici omogenei per tutto il territorio nazionale relativamente alle politiche locali per lo sviluppo del verde delle nostre città.
La considerazione di fondo è che il verde urbano va trattato come un sistema complesso e integrato, da conoscere, monitorare, pianicare e gestire attraverso la predisposizione di piani, programmi e regolamenti ispirati a criteri e tecniche scientifiche e innovative.
La rivista ci racconta anche delle Green Infrastructure, reti integrate che riuniscono tutte le componenti ambientali, a partire dai parchi, dai giardini e dagli spazi verdi, in grado di  contribuire al benessere sociale, ambientale ed economico delle città.
E ancora la rivista ci aggiorna sulla esistenza di tre proposte di legge all’esame del Parlamento che prevedono detrazioni per interventi a verde in ambito privato, come ad esempio quelli volti al recupero dei giardini storici.
Tutti temi dunque di grande interesse e rilevanza, ai quali tutti noi dovremmo porre maggiore attenzione e impegno.

Ambiente, paesaggio e patrimonio culturale per valutare il benessere e la qualità della vita

Con la nuova Legge di bilancio approvata il 28 luglio 2016, il “benessere equo e sostenibile” (Bes) entra per la prima volta nel Bilancio dello Stato e consente di rendere misurabile la qualità della vita e valutare l’effetto delle politiche pubbliche su alcune dimensioni sociali fondamentali. Il Bes nasce con l’obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale e viene misurato dall’ISTAT attraverso 130 indicatori raggruppati in 12 dimensioni, tra le quali trovano posto “Paesaggio e patrimonio culturale” e “Ambiente”.
Tra gli indicatori di queste due dimensioni la “Densità di Verde storico e Parchi urbani di notevole interesse pubblico: Superficie in m2 delle aree di Verde storico e Parchi urbani di notevole interesse pubblico (D. Lgs. n.42/2004, artt. 10 e 136) per 100 m2 di superficie urbanizzata (centri e nuclei abitati) nei Comuni capoluogo di provincia” e la “Disponibilità di verde urbano: Metri quadrati di verde urbano per abitante”.
Dal rapporto Bes 2016 redatto dall’ISTAT si evince che “nel  2015, le Amministrazioni centrali hanno speso per la tutela e valorizzazione di beni e attività culturali e paesaggistici (escluso il settore dello spettacolo) lo 0,07% del Pil (pari al 6,6% di meno rispetto all’anno precedente con una diminuzione della spesa che riguarda solo gli investimenti. Anche a livello delle comunità locali si registra una evidente tendenza alla riduzione della spesa per la gestione del patrimonio culturale (nel 2014, la spesa corrente dei comuni italiani per musei, biblioteche e pinacoteche è stata di 10 euro pro capite, contro i 10,2 dell’anno precedente e i 10,3 del 2012).
Un altro fattore di criticità, che si ripercuote in particolare sulla tutela del paesaggio è il fenomeno dell’abusivismo edilizio: si stima che nel 2015 siano state realizzate quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 17,6 dell’anno precedente e le 9,3 del 2008.
Anche il verde storico viene considerato come “un elemento qualificante dei paesaggi urbani nazionali. La sua elevata valenza non è circoscritta al valore estetico e storico-culturale, ma deve essere con siderata anche per le funzioni ecosistemiche che esplica: con le altre aree verdi delle città contribuisce alla regolazione del microclima urbano e all’assorbimento delle polveri sottili, oltre a essere parte integrante delle reti ecologiche. In ogni città queste aree rappresentano insieme fattori di benessere psico-fisico, legato alla fruizione ricreativa, e importanti elementi di riconoscimento identitario dei cittadini” I dati riportati indicano che “nei comuni capoluogo italiani, nel 2014, il verde urbano pubblico, costituito in gran parte dal verde “storico” di ville, giardini e parchi, rappresenta in media il 2,7% del territorio dei capoluoghi di provincia (oltre 567 milioni di m2) e, in termini di superficie complessiva, è cresciuto dello 0,7% rispetto al 2013. La disponibilità media è di 31,1 m2 per abitante, con i due terzi circa dei comuni che però si attestano sotto il valore medio e 19 città che non raggiungono i 9 m2 pro capite. Le “aree naturali protette” presenti in ambito urbano rappresentano oltre 3.300 km2 del territorio dei capoluoghi (il 16,1% della superficie totale). Complessivamente, le aree verdi coprono oltre 3,8 miliardi di m2 (pari al 18,5% del territorio dei capoluoghi). In 47 comuni è presente una rete ecologica, cioè una rete fisica di aree naturali frammentate di rilevante interesse ambientale-paesistico, collegate da corridoi ecologici per facilitare la mobilità delle specie e tutelare il mantenimento della biodiversità anche in ambito urbano. Le aree del verde storico e dei parchi, delle ville e dei giardini rappresentano in media circa un quarto del verde urbano, le aree boschive oltre il 20%, quelle a verde attrezzato il 14%, i grandi parchi urbani e le aree di arredo entrambe circa il 10%. Gli alberi monumentali (una delle componenti del verde tutelata dal Codice dei beni culturali) sono presenti in 67 città capoluogo. Gli orti urbani sono in continua crescita nelle città, attivati in 64 amministrazioni nel 2014 (+4,9% rispetto all’anno precedente)”.

WASHOKU LA COLORATA VITA ALIMENTARE DEI GIAPPONESI

Una curiosa, interessante e allegra mostra organizzata dall’lstituto di Cultura Giapponese a Roma sulle tradizioni, le abitudini, i riti, i prodotti alimentari e le preparazioni della cucina giapponese. Un mosaico di colori e di immagini che raccontano i cibi degli anniversari, delle feste, delle ricorrenze, quelli di buon augurio e quelli che vengono associati a particolari momenti della vita, ma anche quelli che fanno parte dell’alimentazione di tutti giorni. La cultura alimentare tradizionale dei giapponesi di matrice salutista, il WASHOKU, è una pratica sociale basata su un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni legate alla produzione, trasformazione, preparazione e consumo di cibo ed è stata dichiarata Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco nel 2013. La pratica favorisce il consumo di vari ingredienti naturali di provenienza locale, come riso, pesce, verdure, frutti e piante selvatiche commestibili. Le conoscenze di base e le competenze legate a questa cultura dell’alimentazione, quali il giusto condimento della cucina casalinga, sono tramandate in casa durante i pasti condivisi. Il menù tradizionale prevede riso, misoshiru o zuppa, contorno e tsukemono, verdure marinate.
Nelle sale dell’elegante edificio in cui si trova l’Istituto culturale giapponese sono esposti, riprodotti su pannelli con le didascalie esplicative, i piatti divisi per tipologie: quelli a base di riso, i brodi e le zuppe, il pesce e le verdure, i legumi e i dolci, con le spiegazioni dei legami di ogni piatto con la vita e le tradizioni dei giapponesi. Alcuni di essi sono coinvolti in giochi di parole, come lo shusseuo, “pesce in carriera”, associato ad avanzamenti di carriera o cambiamenti epocali, altri sono legati a usi quotidiani, come il Mehari Zushi 8riso avvolto in foglia di Takana), pranzo al sacco per contadini e montanari delle province di MIE e WAKAYAMA, o a riti tradizionali come la “Festa delle bambole” (o “Festa delle bambine”) che si celebra il 3 marzo, giorno in cui le persone pregano per la salute, la felicità e la crescita delle proprie figlie femmine, in casa vengono esposte delle particolari bambole chiamate hina ningyo e si mangiano gli hishi mochi, delle torte di riso a forma di diamante da tre o cinque piani, accompagnate da un particolare sake dolce, chiamato shirozake. Grande spazio è dedicato agli onigiri, le polpette di riso ripiene di salmone, tonno e altri condimenti vari, spesso avvolte da alghe nori per poter essere mangiati per strada, alle zuppe, al pesce e ai dolci, come gli wagashi, dolci a base di frutta, riso e legumi, molto colorati e da consumare in genere durante la cerimonia del tè.
Un angolo della mostra è dedicato alla scatola-vassoio HAKOZEN: in uso dal periodo EDO (1603-1868) e fino a 60 anni fa ogni membro della famiglia aveva la propria razione nella scatola che aperta diventava una specie di tavolino.
Nell’altrettanta curiosa rassegna Food Cinema un panorama cinematografico giapponese legato al tema Japan Food Culture.
Fino al 19 aprile 2017.

Olivetti e De Masi-Diario Pubblico

“Ho avuto la grande fortuna di conoscere ben quattro dei personaggi a cui sono dedicati gli appuntamenti di “Un futuro mai visto” e con tre di loro sono stato anche molto amico. Con Adriano Olivetti, in particolare.
Avevo deciso di fare la mia tesi di laurea in sociologia del lavoro e chiesi al mio professore di Perugia di poter approfondire la catena di montaggio. Mi fu consentito e, siccome avevo la possibilità di vivere a Napoli con i miei, scelsi di farla a Pozzuoli. Fui fortunato, perché scrissi ad Adriano Olivetti spiegandogli della mia tesi ed ebbi subito una risposta da parte della sua segreteria. Entrai in azienda per quindicimila lire al mese per tre mesi, che allora erano tanti soldi e per quel periodo fui il più ricco dei miei amici.  Un giorno una collaboratrice mi disse: “Il presidente ti vorrebbe conoscere.”
Adriano Olivetti mi chiese del mio segno zodiacale e poi mi domandò della laurea. “Appena ti laurei –  mi disse – mandami una cartolina postale e io ti assumerò”. Così finì il mio colloquio con Adriano Olivetti. Mi laureai, gli inviai la cartolina e fui assunto in una settimana. Ho lavorato poco alla Olivetti, perché presto ebbi una borsa di studio per il dottorato a Parigi, ma quel periodo segnò per me una svolta epocale, iniziata con una domanda sul segno zodiacale.
Chi era Adriano.
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