La comunità ebraica di Roma è la più antica fra quelle di Europa. Abraham Berliner nel libro “Storie degli Ebrei di Roma”, ne ripercorre i due millenni di storia, nei quali i periodi di pacifica convivenza si alternano ad altri di tensioni e vessazioni contro gli Ebrei romani.
Tra i protagonisti alcuni componenti della famiglia Alatri.
-Capitolo XXXIV “Cade (soltanto) il muro del Ghetto (1846-1869)”. Samuele Alatri mi raccontò un episodio succeduto nella famosa notte (il 17 aprile 1848, la prima notte di Pasqua, notte in cui nelle case ebraiche si celebrava e si cantava la “Notte del Passaggio salvifico”) in cui fu demolto il muro del ghetto per ordine di Pio IX (diremmo meglio: in seguito alla richiesta della popolazione guidata da Angelo Brunetti detto Ciceruacchio, come sottolineava Alatri). Tra la folla entusiastica che con grida di incoraggiamento incitava gli operai che lavoravano al lume delle torce c’era anche Ambrosoli (Ambrogio Ambrosoli 1800-1871 sacerdote e predictore italiano) il quale teneva sotto la tonaca un piccolo crocifisso, pronto a tirarlo fuori e ad alzarlo per fermare “in nome della religione cristiana” ogni eventuale dimostrazione di resistenza da parte degli avversari.
Ma ben presto vennero giorni agitati: la rivoluzione del novembre 1848, la fuga del Papa a Gaeta il 24 dello stesso mese, la proclamazione della Repubblica, prima governata dal triumvirato mazziniano, poi a partire dal 2 luglio 1849, dai militari francesi. Nel breve periodo del triumvirato gli Ebrei furono completamente parificati agli altri cittadini romani. Nel Consiglio della Municipalità furono eletti tre Israeliti: Samule Alatri, Samuele Coen ed Emanuele Modigliani.
Israel Moshe Chasan, di antica e celebre famiglia di studiosi, nel 1847 si trovava a Roma come inviato dei poveri della Palestina. Il suo solenne insediamento, che ebbe luogo il 21 agosto 1847, è descritto in un opuscolo composto per l’occasione e intitolato “Il possesso”. La preghiera recitata dal rabbino Chasan in occasione del suo insediamento è stata tradotta da Crescenzo Alatri, allora ancora giovinetto e adesso incanutito al servizio dei più svariati interessi della comunità romana.
-Capitolo XXXV “Le leggi speciali per gli Ebrei di Roma (ricapitolazione)”. Ricavo questa ricapitolazione da un memoriale scritto da Samuele Alatri a Parigi nel 1862 su invito di Salomo Munk. Adesso fa parte del suo lascito conservato nella biblioteca dell’Alleanza israelitica tedesca.
-Capitolo XXXVII “La libertà: problemi e realizzazioni”. Il 7 ottobre 1870 i rappresentanti della comunità distribuirono una circolare che tracciava il programma dei cambiamenti imprescindibili dopo l’evento del 20 settembre. D’ora innanzi la comunità avrebbe amministrato solo il culto e la beneficienza, con esclusione di ogni atto di giurisdizione. Passarano parecchi anni prima che tale programma potesse essere realizzato. Si interpose un interregno durante il quale la comunità andò allo sfascio. L’uguaglianza politica indusse gli Ebrei più in vista e più colti a partecipare agli affari pubblici della città e dello Stato. Già alla prima elezione del Consiglio cittadino sul finire del 1870 vennero eletti a grande maggioranza Samuele Alatri e Settimio Piperno.
Prima di soffermarci sulla riorganizzazione della comunità dobbiamo parlare di due sodalizi che nel triste periodo della transizione durante il quale il governo della comunità languì nel sospetto, svolsero una benefica attività grazie al nobile zelo di alcuni loro membri. Al primo posto viene l’opera degli Asili infantili, nata fin dagli anni Sessanta con contributi esteri, soprattutto dei Rothschild. Grazie al lavoro insancabile di Giacomo Alatri...ha sparso a larghe bracciate il seme del bene.
Al principio del 1876 venne fondata la Società di fratellanza per il progresso civile degli Israeliti poveri……Nel 1879 la direzione della Società fu assunta da Marco Alatri e nel 1883 da Tranquillo Ascarelli.
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Leggendo tra le righe
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Leggendo tra le righe è una piccola sezione del mio sito nella quale riporto preparazioni culinarie e descrizioni di cibi e di pietanze in cui mi sono imbattuta nel corso delle mie letture. Ecco cosa ho trovato nella mia libreria …..
A ritroso, Joris-Karl Huysmans
Dopo aver perso l’appetito da tanto tempo, rimase confuso alla vista di quelle gigantesse la cui voracità gli stimolò la fame. Ordinò una minestra oxstail e mangiò con appetito quella zuppa di coda di bue untuosa e vellutata a un tempo, grassa e consistente. Poi esaminò la lista dei pesci, ordinò un haddok, una specie di merluzzo affumicato che gli parve eccellente e, preso da una fame rabbiosa nel vedere gli altri rimpinzarsi, si fece portare un rosbif con patate e inghiottì due pinte di ale, allettato dal sottile gusto di cascina muschiata che esala da questa fine e pallida birra. L’appetito si calmava; mangiucchiò un po’ di formaggio turchino di Stilton la cui dolcezza è impregnata di amaro, speluzzicò una torta al rabarbaro e, per variare, si dissetò con del poirter, quella birra nera che sa di liquerizia senza zucchero. …Si allungò sulla sedia, accese una sigaretta e si accincinse a gustare una tazza di caffè corretto di gin.
Leggendo tra le righe
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Leggendo tra le righe è una piccola sezione del mio sito nella quale riporto preparazioni culinarie e descrizioni di cibi e di pietanze in cui mi sono imbattuta nel corso delle mie letture. Ecco cosa ho trovato nella mia libreria …..
I colori del tempo, Emanuele Luzzati
“La preparazione di Pesach prevede la pulizia della casa e delle stoviglie e l’eliminazione scrupolosa del chamètz (“cibo lievitato”)…Tre matzòt, una verdura (karpàs) da intingere in aceto o acqua salata, erbe amare (maròr) da consumare con un composto di datteri e di frutta secca (charoset), un uovo (betzà), una zampa in genere di agnello (zeroa’) si trovano sulla tavola del seder (“ordine”) momento solenne della festa che si svole nelle prime due sere, e hanno un ruolo simbolico nel procedere del rito”.
Un premio per la gestione differenziata delle aree verdi
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Il Comune di Bergamo ha ricevuto una menzione speciale nell’ambito del Premio “LA CITTA’ PER IL VERDE” per l’niziativa “AREE VERDI COMUNALI A GESTIONE DIFFERENZIATA O SFALCIO RIDOTTO” che l’amministrazione ha promosso analogamente a quanto stanno facendo altri paesi. Una metodologia basata sul controllo dell’incolto delle aree verdi urbane a prato, finalizzata a favorire la biodoversità e a tutelare la valenza ambientale delle superfici prative, che il Comune ha accompagnato con attività di informazione e di formazione parrtecipata dei cittadini, nell’ottica di diffondere un nuovo concetto che superi lo stereotipo del tappeto erboso sfalciato indipendentemente dai cicli e dalle fasi di sviluppo della vegetazione.
Il premio “LA CITTA’ PER IL VERDE”, giunto alla sua 24esima edizione, è organizzato da Il Verde Editoriale, casa editrice della Rivista ACER, che si occupa a livello professionale di parchi, verde urbano, paesaggio, ambiente.
Articolo “Prati a sfalcio ridotto”, Prima di Bergamo, 26 febbraio 2024
Boschi vetusti: istituita la rete nazionale
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I “boschi vetusti” sono sistemi forestali non utilizzati dall’uomo da tempi più o meno remoti che hanno riconquistato, per questo, quei caratteri di naturalità che li rendono simili alle antiche foreste primarie. Essi sono un importante serbatoio di biodiversità e sono di fondamentale importanza per lo studio delle dinamiche naturali che caratterizzano i boschi e, quindi, per lo studio della sostenibilità della gestione forestale.
Tra le prime definizioni di “foreste vetuste” le più esplicative sono quella proposta nell’ambito di una Conferenza organizzata dalla FAO nel 2001: “Una foresta vetusta è un bosco primario o secondario che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si
siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani” e quella messa a punto dal Ministero della Transizione Ecologica-MITE nel 2009 nell’ambito del progetto “Le Foreste Vetuste nei Parchi Nazionali Italiani” (Contributo tematico alla Strategia Nazionale per la Biodiversità) in cui sono stati identificati e studiati numerosi boschi con caratteristiche di vetustà.
A livello internazionale, l’Unione europea raccomanda, sia nella strategia Forestale (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 settembre 2013), sia nella recente Strategia 2030 per la biodiversità (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 maggio 2020) di “proteggere rigorosamente almeno un terzo delle zone protette dell’UE, comprese tutte le foreste primarie e antiche ancora esistenti sul suo territorio” senza però indicarne una definizione.
Nella Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) nell’obiettivo strategico volto a costruire una rete coerente di aree protette terrestri e marine, si individua come “ulteriore contributo alla lotta ai cambiamenti climatici la protezione rigorosa degli ecosistemi ricchi di carbonio come foreste vetuste, torbiere, pascoli, zone umide, praterie a fanerogame marine, alghe ed ecosistemi marini calcificanti”.
Il 20 marzo 2023 la Commissione europea ha emanato le Linee guida della per definire, mappare, monitorare e proteggere rigorosamente le Foreste Primarie e le Foreste Vetuste dell’UE. In esse vengono fornite queste definizioni:
–Primary forest: “Naturally regenerated forest of native tree species, where there are no clearly visible indications of human activities and the ecological processes are not significantly disturbed”;
–Old-growth forest: “A forest stand or area consisting of native tree species that have developed, predominantly through natural processes, structures and dynamics normally associated with late-seral developmental phases in primary or undisturbed forests of the same type. Signs of former human activities may be visible, but they are gradually disappearing or too limited to significantly disturb natural processes”.
In Italia, sulla base delle Linee guida per l’identificazione delle aree definibili come boschi vetusti (approvate con il Decreto n. 608943 del 19 novembre 2021) in cui venivano definite le caratteristiche e le dimensioni per poter considerare un’area boschiva come vetusta, il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha istituito (con il decreto n. 193945 del 5 aprile 2023 ) la Rete nazionale dei “boschi vetusti” di cui faranno parte le aree identificate dalle Regioni ai sensi del Testo unico delle foreste e delle filiere forestali che definisce il bosco vetusto come “superficie boscata costituita da specie autoctone spontanee coerenti con il contesto biogeografico, con una biodiversità caratteristica conseguente all’assenza di disturbi da almeno sessanta anni e con la presenza di stadi seriali legati alla rigenerazione ed alla senescenza spontanee” (1).
La costituzione e l’aggiornamento della Rete nazionale dei boschi vetusti sono affidate alla Direzione generale dell’economia montana e delle foreste-Ufficio DIFOR IV del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Nella Rete nazionale dei “boschi vetusti” è istituita, altresì, una sezione speciale nella quale sono inserite le foreste che l’UNESCO ha riconosciuto come “antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa” nell’ambito del sito seriale transnazionale, composto da 94 parti in 18 paesi europei: Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Macedonia del Nord, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina.
Le faggete italiane inserite nel sito transnazionale UNESCO si trovano nelle seguenti località (lista, localizzazione, estensione):
- Valle Cervara, Selva Moricento, Coppo del Morto, Coppo del Principe, Val Fondillo, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
- Cozzo Ferriero (Potenza) e Pollinello (Cosenza), Parco Nazionale del Pollino
- Falascone e Pavari-Sfilzi, Foresta Umbra, Parco Nazionale del Gargano
- Monte Cimino (Viterbo)
- Monte Raschio (Oriolo Romano, Viterbo)
- Sasso Fratino, Parco nazionale delle Foreste Casentinesi
- Valle Infernale, Parco Nazionale dell’Aspromonte.
(1) art. 3, comma 2, lettera s bis-Lettera aggiunta dall’art. 4, comma 4-quater, D.L. 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 dicembre 2019, n. 141
Bibliografia
Antichi Patriarchi, Alessandro Cerfolini, Rivista NATURA, Anno XXIV, n. 136, settembre-ottobre 2023
Capitale naturale, verde urbano, servizi ecosistemici e tutela della biodiversità
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Biodiversità, sviluppo sostenibile, servizi ecosistemici, capitale naturale e verde urbano sono alcuni dei temi al centro delle strategie nazionali, europee e internazionali, solo parzialmente considerate vincolanti dalle politiche del nostro Paese e delle nostre città, e che trovano molti ostacoli e difficoltà ad essere recepite a livello attuativo e a essere trasformate in programmi concreti.
La recente revisione costituzionale, avvenuta l’8 febbraio 2022 con l’introduzione nella Costituzione, all’articolo 9, del comma su “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, rappresenta un passo molto importante per il Capitale Naturale italiano (*). Viene infatti così riconosciuto tra i principi fondamentali della nostra Repubblica il valore di una componente essenziale della base della salute di una nazione e cioè la varietà degli ecosistemi e della biodiversità e i servizi fondamentali che quotidianamente ci vengono da essi forniti, inclusi aria pulita, suolo fertile e sano, cibo sano e acqua potabile. Unitamente, nell’articolo 41, si prevede che l’iniziativa economica non possa svolgersi “in modo da recare danno alla salute e all’ambiente” e che possa essere indirizzata e coordinata anche “a fini ambientali”, oltre ai già previsti fini sociali.
A ciò si collega direttamente il principio del danno non significativo (DNSH-Do No Significant Harm) richiamato dal PNRR, secondo il quale tutti gli interventi previsti dai Piani nazionali non devono arrecare danno significativo all’ambiente. In particolare il requisito DNSH prevede che l’attività che contribuisce almeno a uno dei 6 obiettivi ambientali (mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche; transizione verso un’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) non deve arrecare un danno significativo a nessuno degli altri 5 obiettivi.
Occorre richiamare inoltre ciò che è indicato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che, con l’Obiettivo 15, fissa alcuni importanti traguardi da raggiungere per “ Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre” e fornire, entro il 2030, l'”accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili per rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi” (Obiettivo 11).
Anche la nuova strategia forestale dell’UE per il 2030, una delle iniziative faro del Green Deal europeo, basata sulla strategia dell’ UE in materia di biodiversità per il 2030, intende contribuire a conseguire gli obiettivi in materia di biodiversità, riconoscendo il ruolo centrale e multifunzionale delle foreste e il contributo dei silvicoltori e dell’intera catena del valore forestale, per realizzare un’economia sostenibile e climaticamente neutra entro il 2050 e preservare zone rurali vive e prospere.
Infine, la Relazione di previsione strategica 2022 affronta il tema dell’interazione tra le transizioni ecologica e digitale verso il 2050, indicando la necessità di intervenire per “intensificare la diplomazia verde e digitale, sfruttando il potere normativo e di standardizzazione dell’UE e promuovendo nel contempo i valori dell’Unione e i partenariati”.
In questo quadro si inserisce il 5° Rapporto sullo stato del Capitale Naturale approvato il 3 febbraio 2023, che contiene una serie di raccomandazioni tra cui quelle che riguardano il verde urbano. In particolare si sottolinea la necessità di:
-impiegare una scrupolosa attenzione ai principi promossi dalla Strategia Nazionale del Verde Urbano e alle indicazioni contenute nel Piano di Forestazione urbana e extra urbana;
-capitalizzare gli investimenti legati alla forestazione urbana e periurbana che costituiscono una necessità di conoscenza scientifica e monitoraggio ambientale, in sinergia con la pianificazione urbanistica del verde. Per questo è necessario anche costituire una rete straordinaria eccezionale di aree permanenti di osservazione per la biodiversità arborea in ambiente urbano, prevedendo sistemi di monitoraggio della vitalità di semi e piantine, della funzionalità ecosistemica nel tempo e in funzione delle fasi di maturazione e la verifica delle relazioni tra criteri di coerenza ecologica e successo degli impianti. Inoltre dovrà essere posta particolare attenzione al materiale di propagazione forestale che, come previsto dal Piano di Forestazione, dovrà essere costituito da specie autoctone il cui approvvigionamento da parte delle Città Metropolitane dovrà essere assicurato presso vivai in grado di certificarne la provenienza.
Nel Rapporto è riservata una attenzione anche agli aspetti economici, come ad esempio quelli che riguardano gli investimenti per la Contabilità Ambientale, e in particolare quella relativa alle foreste e agli ecosistemi.
Un giardino didattico dedicato a Carlotta Parisi Strampelli
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E’ stato inaugurato nel marzo 2023 a Macerata, il giardino didattico sperimentale dell’Istituto Agrario Garibaldi (la scuola agraria tra le più antiche d’Italia, nasce nel 1869 da una colonia agraria istituita in seguito alla proposta, avanzata dal Prof. Angelo Monà, di fondare un Convitto Agrario per la formazione di “buoni agenti di campagna”) intitolato a Carlotta Parisani-Strampelli, la donna che ebbe un ruolo di primo piano nella ricerca agronomica condotta dal marito Nazareno Strampelli e che rivoluzionò la coltivazione del frumento in Italia.
Il progetto è stato coordinato dal prof. Mirko Grasso e ha comportato una risistemazione del giardino, diviso in aree specifiche, delimitando il perimetro della pianta rettangolare con siepi e rampicanti. All’ingresso, dove si percorre il “Viale delle giuste” dedicato alle donne protagoniste della lotta di Liberazione dal nazifascismo, sono state poste a dimora nel tempo molteplici varietà di glicini e rose. L’area successiva, quella delle acidofile, è ricca di cultivar con caratteristiche pedologiche simili: ne è un esempio l’Hydrangea quercifolia, ovvero l’ortensia con le foglie simili a quelle delle querce. Si accede poi a quattro settori trapezoidali, che fanno da cornice all’aiuola ottagonale, che costituiscono l’Area Mediterranea, cui segue l’Area Aromi, così chiamata per la presenza di specie come l’Helichrysum italicum impiegate in cucina e nella realizzazione di oli profumati. Il percorso termina con l’Area Xerofile, un’aiuola caratterizzata dalla presenza di piante resistenti alla siccità come la graminacea Stipa tenuifolia.
Carlotta Parisani Strampelli dedicò la propria vita alla ricerca scientifica nella genetica agraria e al miglioramento genetico vegetale. Nasce a Roma da una famiglia aristocratica. Nel 1900 sposa Nazareno Strampelli, l’agronomo e genetista considerato il precursore della “Rivoluzione verde”. Segue il marito a Rieti, dove ha ruolo cardine nei successi professionali del marito: diventa la sua principale collaboratrice e un’esperta di impollinazione artificiale dei grani. Sarà lei a realizzare materialmente, rimanendo per ore curva sotto il sole, quegli incroci genetici dei grani selezionati dal marito, che daranno vita alle nuove varietà di frumento, adatte a vari tipi di terreni e resistenti alle fitopatie. Meriti che il marito stesso le riconosce, battezzando le nuove tipologie di grano con suo il nome: il grano “Carlotta Strampelli”, per il quale ottennero il “premio Santoro” dell’Accademia nazionale dei Lincei, il “Carlottina bianca” e il “Carlottina rossa”. Carlotta muore a Roma nel 1926.
Per i 150 anni dalla nascita di Carlotta Parisani è stato istituito il premio “Carlotta Award 2018”, assegnato alla giovane studiosa russa Ksenia Krasileva, del Norwich Research Park britannico.
Presso l’Archivio di Stato di Rieti è conservata la documentazione costituita dalle carte rintracciate prevalentemente nella stanza di lavoro di Nazareno Strampelli presso la sede della Stazione sperimentale di granicoltura di Rieti, nella zona di Campomoro. Il materiale riguarda da un lato aspetti prettamente privati della vita di Strampelli (le lettere di sua moglie Carlotta, i quaderni universitari, i testamenti, i documenti inerenti alla vita professionale di suo figlio Benedetto) dall’altro la sua attività scientifica (gli appunti di ricerca, le relazioni, la corrispondenza). Tra le carte si sono rinvenuti anche i verbali del consiglio di amministrazione della Stazione sperimentale di granicoltura e la documentazione fotografica relativa ai grani.
Bibliografia
Donne protagoniste del miglioramento genetico vegetale: Carlotta Parisani Strampelli
Atti del Convegno di Studi – Università degli Studi di Macerata – 21 novembre 2014-Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche n. 223
ACCADEMIA DELLE SCIENZE, RELAZIONE SULLA FIGURA DI CARLOTTA PARISANI, MOGLIE DI STRAMPELLI
Conferenza per il 50 esimo anniversario dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”
Il CREA secondo classificato al “Carlotta Award 2018”
Silvio Negro – Corriere della Sera Ultima intervista a Nazareno Strampelli
Nazareno Strampelli e il miglioramento genetico del grano tenero
Museo della scienza del grano “Nazareno Strampelli”
Fondo Strampelli Nazareno
Milano: il Museo d’arte della Fondazione Rovati
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Il Museo dedicato a Luigi Rovati, medico, ricercatore e imprenditore farmaceutico, accosta opere d’arte moderna e contemporanea a più di 200 reperti, tra ceramiche, bronzi e ori, della collezione etrusca.
Acquistato nel 2016 dalla Fondazione, il Palazzo di Corso Venezia viene costruito nel 1871 dal Principe di Piombino. L’edificio entra successivamente nella proprietà di Donna Javotte Manca di Villahermosa, vedova del Senatore Ettore Bocconi e nel 1958 viene ceduto a Giuseppina Rizzoli che affida agli architetti Ferdinando Reggiori e Filippo Perego la ristrutturazione sia della morfologia del palazzo che degli interni.
La riqualificazione che lo trasforma in spazio museale avviene su progetto dell’architetto Mario Cucinella con lo studio MCA e conduce all’ampliameno dei piani interrati, con la creazione dello spazio ipogeo dove sono esposti i reperti etrusci, al restauro conservativo del piano nobile (Sala Azzurra, Sala Paolini, Sala Ontani, Sala Armi, Spazio Bianco, Galleria Simeti) e alla realizzazione e allestimento degli spazi dedicati ai servizi di accoglienza e alle funzioni legate all’attività museale. Il Museo viene aperto nel settembre 2022. Continua a leggere….
Milano: il Cimitero Monumentale
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Progettato da Carlo Maciachini (l’eclettico architetto scelto all’unanimità tra i ventotto progetti presentati nel 1863) venne costruito a partire dal gennaio del 1865 e venne inaugurato l’anno successivo, anche se i lavori si protrassero ancora a lungo e Maciachini li seguì fino al 1887.
Il Cimitero Monumentale ospita molteplici opere d’arte firmate dai principali scultori e architetti italiani attivi alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, realizzate per i monumenti funebri di grandi famiglie dell’imprenditoria lombarda e di artisti famosi.
Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o “Tempio della Fama”, progettato originariamente da Maciachini con la funzione specifica di cappella cattolica e destinato, tra il 1869 e il 1870, a luogo di sepoltura, celebrazione e ricordo dei milanesi di origine o di adozione (compresi gli ospiti e i cittadini onorari) che attraverso opere e azioni hanno reso illustre la città e l’Italia.
Nell’emiciclo interno, il Monumento ai Caduti nei campi di sterminio nazisti, realizzato nel 1945 (la struttura odierna è la terza versione del monumento) su progetto dello studio BBPR, fondato nel 1932 da Gian Luigi Banfi (internato nel campo di Mauthausen dove morì nel 1945). Al centro della griglia tridimensionale è posta una teca di vetro contenente un’urna, cinta da filo spinato, che custodisce al suo interno della terra proveniente dal campo di Mauthausen. Continua a leggere…
Milano: i giardini pubblici Montanelli
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Il parco, voluto alla fine del Settecento dal vicerè Ferdinando d’Asburgo che decise di trasformare l’area nel primo giardino pubblico cittadino, una volta acquisite le proprietà della Basilica paleocristiana di San Dionigi (poi demolita) e del convento delle Carcanine. E’ ispirato dai principi illuministi di razionalizzazione dello spazio e realizza un impianto tipicamente “alla francese”, rilevabile nel gusto geometrico delle aiuole e nell’inquadramento prospettico dei viali alberati. Continua a leggere…