La Scuola Agraria di Monza: per saperne di più su verde e dintorni

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Il tema del verde viene affrontato in molteplici sedi e in differenti contesti e, seppur generalmente ritenuto di rilevante importanza per l’uomo e per l’ambiente che lo circonda, non sempre viene trattato con sufficiente cognizione di causa che solo una adeguata preparazione può garantire.
Assumono così un ruolo prezioso scuole, università e centri, la cui attività è rivolta alla preparazione delle tante figure che operano in questo settore e che viene svolta anche attraverso la diffusione di pubblicazioni a carattere tecnico e divulgativo, la cui lettura fornisce elementi utili per approfondire argomenti e temi specifici.
Tra queste realtà è da citare la Scuola Agraria del Parco di Monza, Centro di Formazione Professionale di riferimento su scala regionale e nazionale per l’erogazione di corsi di formazione specialistica, riqualificazione e aggiornamento per tecnici e operatori del verde, giardinieri, arboricoltori e forestali, florovivaisti, fioristi, progettisti del verde. Fondata nel 1902 ed Ente morale dal 1920, accreditata dalla Regione Lombardia, certificata UNI EN ISO 9001:2008 e qualificata come Ente di Ricerca, promuove formazione e cultura nei settori del verde ornamentale e territoriale, dell’agricoltura multifunzionale, con particolare riferimento all’ortoterapia, della valorizzazione ambientale, della gestione sostenibile dei rifiuti, cui unisce uno specifico impegno nell’ambito dello svantaggio sociale. Le aree tematiche in cui maggiormente si esplica l’attività formativa della Scuola sono: GiardinaggioProgettazione del VerdeArte florealeArboricoltura e Tree climbingAgricoltura multifunzionaleOrtoterapia. La Scuola opera anche nell’ambito dell’educazione ambientale per bambini e ragazzi e propone una vasta scelta di corsi hobbistici per gli appassionati di giardinaggio.
A titolo di esempio si citano due pubblicazioni che trattano del tema delle potature degli alberi:
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Salvaguardia degli alberi lungo le strade italiane

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Un interessante documento pubblicato da Legambiente Valtriversa, Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano e associazione “Terra Boschi Gente e Memorie” pone il tema della salvaguardia degli alberi lungo le strade italiane e fissa quattro obiettivi principali:
-fermare gli abbattimenti degli alberi sul ciglio delle strade utilizzando le leggi
attualmente in vigore
-legittimare il reimpianto compensativo nelle traverse interne ai centri abitati delle
strade secondarie
-legittimare la presenza degli alberi lungo le strade secondarie
-modificare il Codice della Strada e il Regolamento di Attuazione diversificando le
distanze a seconda della classificazione della strada.
Ripercorrendo la storia delle alberate lungo le strade Statali, Provinciali e Comunali impiantate in epoca napoleonica o più recentemente prima della Seconda Guerra Mondiale, il documento perviene al 1992 quando, con il Codice della Strada e relativo Regolamento di Attuazione, viene vietato di impiantare alberi fuori dai centri abitati ad una distanza dal confine stradale inferiore all’altezza massima che la pianta potrebbe raggiungere a maturità (es. 30-40 metri per un Pioppo bianco, 25-90 metri per un eucaliptus, 30-40 metri per un platano, 30 metri per un tiglio). Il Regolamento non distingue le strade e si applica pertanto alle autostrade, alle strade secondarie, alle piste ciclabili e agli itinerari pedonali. Nè il CdS, nè il Regolamento si occupano degli alberi sul ciglio della strada (tecnicamente “fascia di pertinenza”).
Le soluzioni proposte, alternative all’abbattimento che deve essere visto solo ed esclusivamente come ultima possibilità, riguardano la modifica del Codice della Strada, con l’introduzione di norme relative alle alberate (definizione, vincoli, protezioni) e alla loro corretta gestione; la differenziazione delle norme in base alla categoria della strada, l’adozione dei limiti di velocitá e/o dei dispositivi di protezione per aumentare la sicurezza stradale. Ciò al fine di rallentare il processo di abbattimento degli alberi, per ora irreversibile, che porterà alla scomparsa più o meno rapida di tutti gli esemplari di alto fusto dai bordi di tutte le strade italiane extraurbane, comprese le piste ciclabili ed i sentieri, fino ad una distanza di 20-30 metri dalle strade.
Salviamo-gli-alberi-2017

Trees are good, trees need care, arborist care for trees

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Un recente libro del Professor Francesco Ferrini, docente di arboricoltura all’Università di Firenze, “La terra salvata dagli alberi”, offre lo spunto per alcune riflessioni sugli alberi in città e per avviare un approfondimento su questa affascinante e complicata materia, al fine di promuovere una cultura del verde condivisa e attendibile anche tra coloro che non appartengono al mondo dei professionisti del settore.
Conoscere questa preziosa componente del verde urbano potrebbe infatti meglio orientare l’opinione pubblica e le azioni che molte Associazioni di cittadini intraprendono in questo campo, in collaborazione con le Istituzioni competenti.
Occorre innanzitutto ricordare che esiste una scienza, l’arboricoltura, che si occupa degli alberi e un’organizzazione internazionale, la Society of Arboricolture (ISA) che raccoglie oltre 25.000 associati tra tecnici, ricercatori e semplici appassionati, il cui motto è Trees are good, trees need care, arborist care for trees.
Gli alberi fanno parte del “capitale naturale“, il cui valore è infinito e incalcolabile, ma forniscono anche beni materiali che hanno grande rilievo nell’economia e nella società: legno, medicinali, unguenti, profumi, aromi, principi attivi per prodotti di trattamento, resine, colle, oli, vernici, gomme, fibre, alimenti per animali.
Uno studio pubblicato nel 2017, condotto da un team del Botanical gardens conservation international  (Bgci) e del Global tree specialist group dell’Iucn/Ssc, rivela che sul nostro pianeta vivono oltre 60.000 specie di alberi con una estrema varietà di individui, alcuni dei quali hanno tra i 4.000 e i 5.000 anni.
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Rivoluzione verde e transizione ecologica nel PNRR 2020

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Nelle LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA-#NEXTGENERATIONITALIA del 15 settembre 2020 il Governo parla di sfide che il Paese intende affrontare, missioni, progetti e iniziative di riforma, il tutto sostenuto dalla realizzazione di un ampio programma di investimenti.
Tra le sei missioni indicate dal PNRR vi è, al punto 2, quella inerente la “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, la quale richiede che l’Italia “intensifichi il proprio impegno per far fronte ai nuovi più ambiziosi obiettivi europei di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, fissati dallo European Green Deal”.
Si parla anche dell’adozione di piani urbani per il miglioramento della qualità
dell’aria e per la forestazione urbana, oltre che di misure per la riduzione dell’inquinamento, il miglioramento dell’efficienza energetica, la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, la gestione accorta delle risorse naturali, la promozione dell’economia circolare, la riqualificazione del territorio nell’ambito del contenimento del consumo di suolo e della mitigazione dei rischi idrogeologici e sismici, la riconversione delle imprese verso modelli di produzione sostenibile.
Se tutto ciò non fosse solo un insieme di dichiarazioni, dovremmo aspettarci politiche coerenti con quanto indicato nel PNRR da parte delle amministrazioni locali e assistere alla messa in atto di programmi operativi in linea con i concetti contenuti nelle Linee Guida del Governo.

 

Verde urbano: una questione di salute, economia e legalità

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Il Convegno “Verde urbano: una questione di salute, economia e legalità” che si è svolto on line il 15 maggio 2020, organizzato dal Dipartimento DESTeC Ingegneria dell’Università di Pisa, da Lipu-BirdLife Italia, da GrIG Onlus e dall’Accademia dei Rinnovati di Massa, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, di Ispra, della Provincia di Massa Carrara, dell’Ordine degli Agronomi e Forestali, dell’Ordine degli Architetti e di altre associazioni, si colloca nell’ambito del ”2020: Anno internazionale della salute delle piante (IYPH)” proclamato dalle Nazioni Unite e ha affrontato alcuni importanti temi legati a questo comparto: la GESTIONE DEL VERDE URBANO, gli ASPETTI NORMATIVI ED ETICI DEGLI ALBERI, i SERVIZI ECOSISTEMICI DEL VERDE URBANO.
L’obiettivo generale del convegno è stato quello di porre al centro del dibattito delle grandi città il valore del patrimonio a verde misurato in termini di benefici degli ecosistemi erogati dalle infrastrutture verdi. Continua a leggere

Il Manifesto per la difesa del verde in ambito urbano


Il “Manifesto per la difesa del verde in ambito urbano in Italia nel dopo Covid-19” è un documento/appello promosso da Il Verde Editoriale, con l’obiettivo di evidenziare fragilità e criticità del settore del verde urbano, pubblico e privato, soprattutto nel periodo post Covid-19 e di portare all’attenzione delle maggiori Istituzioni del nostro Paese proposte concrete e puntuali sul tema (il Manifesto è stato inviato ai rappresentanti istituzionali ad agosto 2020).
I punti qualificanti del Manifesto:
-il verde urbano, pubblico e privato, è sinonimo di salute e di benessere per i cittadini
-il verde urbano è fondamentale per accrescere la resilienza delle città
-il verde sotto forma di paesaggio è tutelato anche dalla Costituzione della Repubblica Italiana
-il verde urbano è uno strumento per prevenire le infauste conseguenze delle criticità ambientali
-il verde urbano è anche un comparto economico rilevante.
I promotori, i firmatari e i sostenitori del Manifesto, vista l’ampia gamma di benefici che le aree verdi urbane (pubbliche e private) producono, assumendo così la dignità di un servizio pubblico essenziale di cui la cittadinanza ha diritto di beneficiare e che, come tale, va trattato, programmato e finanziato, hanno chiesto al Governo e alle Istituzioni italiane di mettere al centro della loro azione di governo anche un’attenzione particolare a tutto il settore del verde urbano, pubblico e privato, attraverso:
-una strategia per il verde urbano nella quale realizzare obiettivi ben definiti in tempi chiari e prestabiliti e con risorse adeguate predefinite, che possano fungere da volano per investimenti di livello regionale e locale e favorire lo sviluppo di sinergie tra pubblico e privato;
-una strategia che tenga in considerazione le raccomandazioni suggerite dal Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico istituito presso il Ministero della Tutela dell’Ambiente e del Territorio e del Mare nel 2013, attraverso la sua attività di indagine e i suoi elaborati “Linee guida per la gestione del verde urbano e prime indicazioni per una pianificazione sostenibile” e “Strategia Nazionale del Verde Urbano. Foreste urbane resilienti ed eterogenee per la salute e il benessere dei cittadini”, veri e propri strumenti di consultazione e informazione per tutti i Comuni italiani, utili per procedere correttamente e proficuamente nelle attività di pianificazione e gestione del verde urbano;
-una strategia che si avvalga delle tante professionalità in campo che devono agire all’interno di una integrazione multidisciplinare, a partire dal mondo accademico e dagli ordini professionali, passando per l’associazionismo fino alle aziende di settore;
-una strategia che permetta anche all’ente pubblico di riappropriarsi del coordinamento a vari livelli delle sinergie e delle risorse disponibili, dando priorità a progetti integrati multisettoriali e territoriali. Compiti che richiedono a tutti i livelli competenza e formazione continuativa.

 

Promotori e adesioni

 

La cura del verde condominiale

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“Informazioni utili per la corretta gestione del verde e degli alberi all’interno deI giardini e parchi condominiali”. E’ questo il contenuto dell’interessante e prezioso Vademecum realizzato da Assofloro (l’Associazione di rappresentanza degli Enti e delle Associazioni delle Filiere del verde, del paesaggio e dell’ambiente) e ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari) con “l’obiettivo di aiutare l’Amministratore Immobiliare e Condominiale e i condomini nella scelta dei professionisti e delle aziende a cui affidare gli interventi di gestione e di cura e manutenzione del verde condominiale. Uno strumento per ricercare e fornire le migliori e più corrette tecniche agronomiche e arboricolturali e nel rispetto delle normative vigenti, come anche quelle sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il Vedemecum, segnalato dalla rivista ACER, mette in evidenza una componente ingiustamente trascurata del verde, le cui funzioni ambientali, sociali, urbanistiche e economiche rivestono un ruolo importante in ambito urbano e periurbano.
Si parla dell’importanza della progettazione e della programmazione, di interventi ordinari e straordinari, del censimento quantitativo e qualitativo del verde, della valutazione dei costi, dei criteri di scelta del giardiniere e degli altri professionisti del verde (arboricoltori, consulenti e progettisti del verde).
Il Vademecum mette in evidenza come sia indispensabile possedere una preparazione specifica nel settore della cura del verde, citando la legge approvata il 28 Luglio 2016, n. 154, che ha introdotto importanti novità per le imprese che operano nel settore della realizzazione e manutenzione del verde urbano. L’art. 12 della legge stabilisce infatti che possono esercitare tale attività (costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato, affidate a terzi) le “imprese agricole, artigiane, industriali, o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze”.
Ci ricorda come ” un intervento di potatura errato, ad esempio la cimatura o la riduzione drastica della chioma, può causare danni irreversibili, facendo lievitare i costi di manutenzione negli anni successivi. Lo stesso riguarda interventi sul tappeto erboso, nella potatura dei cespugli, nella gestione dell’impianto di irrigazione”.
Viene inoltre sottolineata l’importanza di assicurarsi che l’impresa o il professionista mettano in atto tutte le norme in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
VERDE CONDOMINIALE-Vademecum Assofloro-Anaci

Specie esotiche invasive: un pericolo da affrontare

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Il tema della presenza delle specie esotiche nei paesi dell’areale europeo, ossia di quelle specie trasportate dall’uomo, in maniera volontaria o involontaria e che, lontane dai loro territori di origine possono divenire invasive e avere effetti negativi sulla sopravvivenza delle specie autoctone e sulla biodiversità, viene affrontato dal REGOLAMENTO (UE) N. 1143/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, recepito in Italia dal Decreto Legislativo 230/2017.
Ne parla l’avvocato Claudio Linzola sulla rivista ACER (n. 2/20) evidenziando i diversi aspetti legati a questo fenomeno, a cominciare dagli obiettivi di prevenzione e di gestione legati all’introduzione e alla difusione delle specie esotiche invasive.
Non tutte le specie esotiche (IAS-(Invasive Alien Species è l’acronimo inglese, molto utilizzato anche in italiano, che identifica le specie esotiche invasive) sono invasive, cioè dannose, e anzi di norma solo una piccola percentuale delle specie esotiche che arrivano su un dato territorio creano problemi (per esempio delle 12.000 specie esotiche registrate in Europa, il 10-15% è ritenuto invasivo).
Ad oggi la lista ufficiale EU comprende 66 specie esotiche invasive, tra animali (mammiferi, uccelli,pesci, rettili, anfibi, invertebrati ) e vegetali, di rilevanza unionale, non tutte presenti in Italia che, tuttavia, ancora non si è dotata di un elenco di specie di rilevanza nazionale. Tra le specie vegetali più note troviamo l’Acacia, l’Ailanto, il Rabarbaro gigante, il Giacinto d’acqua, il Luppolo giapponese. Tra gli animali alcuni scoiattoli come il Tamia siberiano (è stata rilevata una  piccola colonia a villa Ada a Roma), il procione o orsetto lavatore, la nutria.
Gli impatti negativi possono essere non solo di tipo ambientale, ma anche di carattere socio-economico come i rischi di incendi, danni alla pesca e all’apicoltura, trasmissione della salmonellosi.
La normativa prevede dunque un regime di restrizioni, l’elaborazione di “piani di azione” atti alla riduzione della contaminazione, controlli alle frontiere mentre altre iniziative, come il progetto Life Asap (Alien Species Awareness Program) ha l’obiettivo di ridurre il tasso di introduzione di queste specie sul territorio italiano e mitigarne l’impatto.
L’articolo di Linzola segnala tuttavia come la adozione di misure per fronteggiare questo pericolo non sia sufficiente rispetto alla rapidità con cui le specie esotiche invasive si diffondono e si sviluppano, sottolinenando come questo pericolo non sia percepito nella sua effettiva e grave dimensione.
Specie Esotiche Invasive – andamenti impatti e possibili risposte

La “Piccola Guida degli alberi” nella Roma di Libero Bigiaretti


Un “discontinuo giornale di bordo”. Così Libero Bigiaretti, capo ufficio stampa di Adriano Olivetti, definisce “Questa Roma”, la raccolta di scritti nella quale troviamo “Piccola guida degli alberi”, un capitolo dedicato appunto agli alberi “i quali danno alla fisionomia di Roma il tocco definitivo, e tanto spesso sono chiamati a sostenere una funzione architettonica non meno importante e rischiosa di quella affidata a muri, colonne, archi”.
Bigiaretti chiede: “chi non ha presente negli occhi della mente gli alberi di Villa Borghese, di Villa Sciarra, di Villa Celimontana, di Villa Aldobrandini, di Villa Glori, di Monte Mario? Chi non rammenta di avere almeno una volta chiesto pace alla loro ombra?”.
Ma proprio per questo non è di tali alberi che lo scrittore vuole dare conto, piuttosto “degli alberi isolati, dei piccoli nuclei arborei disseminati con tanta sapienza e modestia tra strade e piazze di Roma”. Inizia così la serie di citazioni che ricordano “il primo ciliegio portato a Roma da Lucullo o il primo oleandro piantato a Palazzo Sacchetti….l’arancio di San Domenico…la quercia del Tasso sul Gianicolo…..i cipressi del Museo delle Terme….l’ulivo garibaldino di Villa Glori”.
Le preferenze di Bigiaretti vanno tuttavia “ai lecci del Piazzale di San Giovanni…ai cedri del Libano di Palazzo Barberini… del grande cortile di Palazzo Rospiglioni… di un giardinetto privato accanto a Santa Prudenziana…e a quelli che giganteggiano al termine di Via Volturno”, alle palme come ” quella con tanta orientale leggerezza svetta su un’altura del Foro…o quella di San Pietro in Vincoli o al gruppetto che si allarga a ventaglio al Viminale, in via Napoli…”.
Bigiaretti conclude affermando che il suo intento è solo quello di “rivolgere un invito, smuovere una pigrizia, stimolare un affetto”.
E oggi, anche se non è possibile rintracciare molte di queste presenze, è a questo intento che fa piacere associarsi!

Paesaggi edibili: le Urban Food Forest


Come produrre cibo in città in un ambito assimilabile ad una foresta naturale? La risposta si può trovare nelle Urban Food Forest (Uff), un concetto innovativo che coniunga le esigenze di bassa manutenzione con la produzione di cibo in ambito urbano.
La distanza che si è creata, a partire dagli anni della rivoluzione industriale, tra attività agricole e vita in città può essere in parte ridotta, oltre che dalla diffusione del fenomeno degli orti urbani, che molte amministrazioni stanno favorendo sui territori comunali, dalla creazione di aree destinate a specie arboree che producano frutti eduli.
L’attenzione a queste realtà viene posta in un articolo di Alessio Fini, Fabio Salbitano e Francesco Ferrini sul n. 2/20 della Rivista ACER, nel quale si riportano i risultati di una ricerca condotta nella città di Coldstream, al confine tra Inghilterra e Scozia, dove nel 1991 è stata realizzata una food forest di 800 mq chiamata Garden Cottage. Per tutte le 99 specie eduli (frutta carnosa e secca) sono state misurate le rese in cibo, la composizione chimica, minerale e organica e il valore energetico degli alimenti ed è stata stimata la potenzialità in termini di copertura del fabbisogno in grassi e proteine degli uomini e delle donne.
Si prospetta dunque una nuova possibilità che il verde urbano potrebbe avere per contribuire a raggiungere alcuni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite nel campo, non solo della sicurezza alimentare, ma anche della creazione di condizioni per rendere gli insediamenti urbani inclusivi, sicuri e resilienti.
E’ evidente tuttavia come sia necessario valutare alcuni effetti sulla popolazione (es. allergie) e studiare attentamente gli aspetti ambinetali, dal momento in cui il contesto urbano è spesso fortemente inquinato sia a livello di aria che di suolo.