Criteri Minimi Ambientali per la gestione del verde pubblico

In primo piano

Con l’adozione dei nuovi Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde (CAM DM 10 marzo 2020 del Ministero dell’Ambiente) viene proposto un approccio sistematico e innovativo alla gestione del verde urbano, in un’ottica volta a valorizzare il verde esistente e quello di nuova realizzazione. I CAM si rivolgono alle stazioni appaltanti, in particolare le amministrazioni comunali, affinché applichino concretamente gli strumenti più avanzati di gestione del verde pubblico, quali il censimento del verde, il piano del verde, il regolamento del verde pubblico e il bilancio arboreo ed evitino altresì interventi sul territorio qualitativamente scarsi o addirittura dannosi, con conseguente aggravio di costi per la comunità.
Articolo Criteri Minimi Ambientali per la gestione del verde pubblico, Rivista Qualità, n. 6/23

Gli alberi monumentali d’Italia

In primo piano

A far parte dell’immenso, e in continuo aumento, patrimonio arboreo italiano, vi sono alcuni esemplari, che, sfidando le avversità di natura biotica e abiotica, sfuggendo all’interesse produttivistico da parte dell’uomo, con il passare dei secoli hanno raggiunto dimensioni e forme davvero imponenti: testimoni, da una parte, del lungo e faticoso lavoro della natura e, dall’altra, del perdurante legame che da sempre li unisce all’uomo, questi esemplari sono da considerarsi beni dall’elevato valore naturalistico, estetico, culturale e sono spesso espressione della storia e della religiosità delle popolazioni che nei secoli si sono succedute in determinati luoghi (Angela Farina)
Si è parlato degli “Alberi Monumentali d’Italia”  in occasione dell’appuntamento annuale del “Brindisi di Natale” di AMUSE del 14 dicembre scorso, che ha concluso l’attività dell’Associazione per il 2023.
ALBERI MONUMENTALI-Presentazione
ALBERI MONUMENTALI- Annotazioni
Brochure divulgativa Alberi monumentali d’Italia

Qualità e sostenibilità del verde urbano

In primo piano

Il livello di pregio e di qualità del verde urbano è strettamente legato alla sua capacità di offrire dei benefici sociali, ambientali, sanitari, culturali, paesaggistici, economici (i cosiddetti servizi ecosistemici). Le notevoli difformità qualitative oggi presenti sul territorio nazionale impongono la necessità di individuare quali siano gli standard da adottare per garantire una buona qualità del verde pubblico e rendono imprescindibile la definizione di un quadro normativo e regolamentare funzionale e omogeneo, che offra a professionisti, aziende appaltatrici e operatori delle pubbliche amministrazioni gli strumenti atti a garantire alle opere a verde un valore di pregio rispondente a requisiti di qualità, sostenibilità ambientale e responsabilità sociale individuati e verificabili. In questo quadro, un sistema di
certificazione volontaria della conformità del processo di produzione dell’opera a verde potrebbe divenire un importante strumento nella gestione degli appalti per individuare e selezionare le aziende e le competenze atte al conseguimento dei migliori risultati.
STANDARD DI QUALITA’ PER IL VERDE IN CITTA-Rivista QUALITA’ Ed. 5/23

 

Boschi vetusti: istituita la rete nazionale

In primo piano

I “boschi vetusti” sono sistemi forestali non utilizzati dall’uomo da tempi più o meno remoti che hanno riconquistato, per questo, quei caratteri di naturalità che li rendono simili alle antiche foreste primarie. Essi sono un importante serbatoio di biodiversità e sono di fondamentale importanza per lo studio delle dinamiche naturali che caratterizzano i boschi e, quindi, per lo studio della sostenibilità della gestione forestale.
Tra le prime definizioni di “foreste vetuste” le più esplicative sono quella proposta nell’ambito di una Conferenza organizzata dalla FAO nel 2001: “Una foresta vetusta è un bosco primario o secondario che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si
siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani” e quella messa a punto dal Ministero della Transizione Ecologica-MITE nel 2009 nell’ambito del progetto “Le Foreste Vetuste nei Parchi Nazionali Italiani” (Contributo tematico alla Strategia Nazionale per la Biodiversità) in cui sono stati identificati e studiati numerosi boschi con caratteristiche di vetustà.
A livello internazionale, l’Unione europea raccomanda, sia nella strategia Forestale (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 settembre 2013), sia nella recente Strategia 2030 per la biodiversità (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 maggio 2020) di “proteggere rigorosamente almeno un terzo delle zone protette dell’UE, comprese tutte le foreste primarie e antiche ancora esistenti sul suo territorio” senza però indicarne una definizione.
Nella Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) nell’obiettivo strategico volto a costruire una rete coerente di aree protette terrestri e marine, si individua come “ulteriore contributo alla lotta ai cambiamenti climatici la protezione rigorosa degli ecosistemi ricchi di carbonio come foreste vetuste, torbiere, pascoli, zone umide, praterie a fanerogame marine, alghe ed ecosistemi marini calcificanti”.
Il 20 marzo 2023 la Commissione europea ha emanato le Linee guida della per  definire, mappare, monitorare e proteggere rigorosamente le Foreste Primarie e le Foreste Vetuste dell’UE. In esse vengono fornite queste definizioni:
Primary forest: “Naturally regenerated forest of native tree species, where there are no clearly visible indications of human activities and the ecological processes are not significantly disturbed”;
Old-growth forest: “A forest stand or area consisting of native tree species that have developed, predominantly through natural processes, structures and dynamics normally associated with late-seral developmental phases in primary or undisturbed forests of the same type. Signs of former human activities may be visible, but they are gradually disappearing or too limited to significantly disturb natural processes”.
In Italia, sulla base  delle Linee guida per l’identificazione delle aree definibili come boschi vetusti (approvate con il  Decreto n. 608943 del 19 novembre 2021) in cui venivano definite le caratteristiche e le dimensioni per poter considerare un’area boschiva come vetusta, il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha istituito (con il decreto n. 193945 del 5 aprile 2023 ) la Rete nazionale dei “boschi vetusti” di cui faranno parte le aree identificate dalle Regioni ai sensi del Testo unico delle foreste e delle filiere forestali che definisce il bosco vetusto come “superficie boscata costituita da specie autoctone spontanee coerenti con il contesto biogeografico, con una biodiversità caratteristica conseguente all’assenza di disturbi da almeno sessanta anni e con la presenza di stadi seriali legati alla rigenerazione ed alla senescenza spontanee” (1).
La costituzione e l’aggiornamento della Rete nazionale dei boschi vetusti sono affidate alla Direzione generale dell’economia montana e delle foreste-Ufficio DIFOR IV del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Nella Rete nazionale dei “boschi vetusti” è istituita, altresì, una sezione speciale nella quale sono inserite le foreste che l’UNESCO ha riconosciuto come “antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa” nell’ambito del sito seriale transnazionale, composto da 94 parti in 18 paesi europei: Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Macedonia del Nord, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina.
Le faggete italiane inserite nel sito transnazionale UNESCO si trovano nelle seguenti località (lista, localizzazione, estensione):

  • Valle Cervara, Selva Moricento, Coppo del Morto, Coppo del Principe, Val Fondillo, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
  • Cozzo Ferriero (Potenza) e Pollinello (Cosenza), Parco Nazionale del Pollino
  • Falascone e Pavari-Sfilzi,  Foresta Umbra, Parco Nazionale del Gargano
  • Monte Cimino (Viterbo)
  • Monte Raschio (Oriolo Romano, Viterbo)
  • Sasso Fratino, Parco nazionale delle Foreste Casentinesi
  • Valle Infernale, Parco Nazionale dell’Aspromonte.

(1) art. 3, comma 2, lettera s bis-Lettera aggiunta dall’art. 4, comma 4-quater, D.L. 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 dicembre 2019, n. 141

Bibliografia
Antichi Patriarchi, Alessandro Cerfolini, Rivista NATURA, Anno XXIV, n. 136, settembre-ottobre 2023

Capitale naturale, verde urbano, servizi ecosistemici e tutela della biodiversità

In primo piano


Biodiversità, sviluppo sostenibile, servizi ecosistemici, capitale naturale e verde urbano sono alcuni dei temi al centro delle strategie nazionali, europee e internazionali, solo parzialmente considerate vincolanti dalle politiche del nostro Paese e delle nostre città, e che trovano molti ostacoli e difficoltà ad essere  recepite a livello attuativo e a essere trasformate in programmi concreti.
La recente revisione costituzionale, avvenuta l’8 febbraio 2022 con l’introduzione nella Costituzione, all’articolo 9, del comma su “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, rappresenta un passo molto importante per il Capitale Naturale italiano (*). Viene infatti così riconosciuto tra i principi fondamentali della nostra Repubblica il valore di una componente essenziale della base della salute di una nazione e cioè la varietà degli ecosistemi e della biodiversità e i servizi fondamentali che quotidianamente ci vengono da essi forniti, inclusi aria pulita, suolo fertile e sano, cibo sano e acqua potabile. Unitamente, nell’articolo 41, si prevede che l’iniziativa economica non possa svolgersi “in modo da recare danno alla salute e all’ambiente” e che possa essere indirizzata e coordinata anche “a fini ambientali”, oltre ai già previsti fini sociali.
A ciò si collega direttamente il principio del danno non significativo (DNSH-Do No Significant Harm) richiamato dal PNRR, secondo il quale tutti gli interventi previsti dai Piani nazionali non devono arrecare danno significativo all’ambiente. In particolare il requisito DNSH prevede che l’attività che contribuisce almeno a uno dei 6 obiettivi ambientali (mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche; transizione verso un’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) non deve arrecare un danno significativo a nessuno degli altri 5 obiettivi.
Occorre richiamare inoltre ciò che è indicato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che, con l’Obiettivo 15, fissa alcuni importanti traguardi da raggiungere per “ Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre” e fornire, entro il 2030, l'”accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili per rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi” (Obiettivo 11).
Anche la nuova strategia forestale dell’UE per il 2030, una delle iniziative faro del Green Deal europeo, basata sulla strategia dell’ UE in materia di biodiversità per il 2030, intende contribuire a conseguire gli obiettivi in materia di biodiversità, riconoscendo il ruolo centrale e multifunzionale delle foreste e il contributo dei silvicoltori e dell’intera catena del valore forestale, per realizzare un’economia sostenibile e climaticamente neutra entro il 2050 e preservare zone rurali vive e prospere.
Infine, la Relazione di previsione strategica 2022 affronta il tema dell’interazione tra le transizioni ecologica e digitale verso il 2050, indicando la necessità di intervenire per “intensificare la diplomazia verde e digitale, sfruttando il potere normativo e di standardizzazione dell’UE e promuovendo nel contempo i valori dell’Unione e i partenariati”.
In questo quadro si inserisce il 5° Rapporto sullo stato del Capitale Naturale approvato il 3 febbraio 2023, che contiene una serie di raccomandazioni tra cui quelle che riguardano il verde urbano. In particolare si sottolinea la necessità di:
-impiegare una scrupolosa attenzione ai principi promossi dalla Strategia Nazionale del Verde Urbano e alle indicazioni contenute nel Piano di Forestazione urbana e extra urbana;
-capitalizzare gli investimenti legati alla forestazione urbana e periurbana che costituiscono una necessità di conoscenza scientifica e monitoraggio ambientale, in sinergia con la pianificazione urbanistica del verde. Per questo è necessario anche costituire una rete straordinaria eccezionale di aree permanenti di osservazione per la biodiversità arborea in ambiente urbano, prevedendo sistemi di monitoraggio della vitalità di semi e piantine, della funzionalità ecosistemica nel tempo e in funzione delle fasi di maturazione e la verifica delle relazioni tra criteri di coerenza ecologica e successo degli impianti. Inoltre dovrà essere posta particolare attenzione al materiale di propagazione forestale che, come previsto dal Piano di Forestazione, dovrà essere costituito da specie autoctone il cui approvvigionamento da parte delle Città Metropolitane dovrà essere assicurato presso vivai in grado di certificarne la provenienza.
Nel Rapporto è riservata una attenzione anche agli aspetti economici, come ad esempio quelli che riguardano gli investimenti per la Contabilità Ambientale, e in particolare quella relativa alle foreste e agli ecosistemi.

Continua a leggere

Un giardino didattico dedicato a Carlotta Parisi Strampelli

In primo piano

E’ stato inaugurato nel marzo 2023 a Macerata, il giardino didattico sperimentale dell’Istituto Agrario Garibaldi (la scuola agraria tra le più antiche d’Italia, nasce nel 1869 da una colonia agraria istituita in seguito alla proposta, avanzata dal Prof. Angelo Monà, di fondare un Convitto Agrario per la formazione di “buoni agenti di campagna”) intitolato a Carlotta Parisani-Strampelli, la donna che ebbe un ruolo di primo piano nella ricerca agronomica condotta dal marito Nazareno Strampelli e che rivoluzionò la coltivazione del frumento in Italia.
Il progetto è stato coordinato dal prof. Mirko Grasso e ha comportato una risistemazione del giardino, diviso in aree specifiche, delimitando il perimetro della pianta rettangolare con siepi e rampicanti. All’ingresso, dove si percorre il “Viale delle giuste” dedicato alle donne protagoniste della lotta di Liberazione dal nazifascismo, sono state poste a dimora nel tempo molteplici varietà di glicini e rose. L’area successiva, quella delle acidofile, è ricca di cultivar con caratteristiche pedologiche simili: ne è un esempio l’Hydrangea quercifolia, ovvero l’ortensia con le foglie simili a quelle delle querce. Si accede poi a quattro settori trapezoidali, che fanno da cornice all’aiuola ottagonale, che costituiscono l’Area Mediterranea, cui segue l’Area Aromi, così chiamata per la presenza di specie come l’Helichrysum italicum impiegate in cucina e nella realizzazione di oli profumati. Il percorso termina con l’Area Xerofile, un’aiuola caratterizzata dalla presenza di piante resistenti alla siccità come la graminacea Stipa tenuifolia.
Carlotta Parisani Strampelli dedicò la propria vita alla ricerca scientifica nella genetica agraria e al miglioramento genetico vegetale. Nasce a Roma da una famiglia aristocratica. Nel 1900 sposa Nazareno Strampelli, l’agronomo e genetista considerato il precursore della “Rivoluzione verde”. Segue il marito a Rieti, dove ha ruolo cardine nei successi professionali del marito: diventa la sua principale collaboratrice e un’esperta di impollinazione artificiale dei grani. Sarà lei a realizzare materialmente, rimanendo per ore curva sotto il sole, quegli incroci genetici dei grani selezionati dal marito, che daranno vita alle nuove varietà di frumento, adatte a vari tipi di terreni e resistenti alle fitopatie. Meriti che il marito stesso le riconosce, battezzando le nuove tipologie di grano con suo il nome: il grano “Carlotta Strampelli”, per il quale ottennero il “premio Santoro” dell’Accademia nazionale dei Lincei, il “Carlottina bianca” e il “Carlottina rossa”. Carlotta muore a Roma nel 1926.
Per i 150 anni dalla nascita di Carlotta Parisani è stato istituito il premio “Carlotta Award 2018”, assegnato alla giovane studiosa russa Ksenia Krasileva, del Norwich Research Park britannico.
Presso l’Archivio di Stato di Rieti è conservata la documentazione costituita dalle carte rintracciate prevalentemente nella stanza di lavoro di Nazareno Strampelli presso la sede della Stazione sperimentale di granicoltura di Rieti, nella zona di Campomoro. Il materiale riguarda da un lato aspetti prettamente privati della vita di Strampelli (le lettere di sua moglie Carlotta, i quaderni universitari, i testamenti, i documenti inerenti alla vita professionale di suo figlio Benedetto) dall’altro la sua attività scientifica (gli appunti di ricerca, le relazioni, la corrispondenza). Tra le carte si sono rinvenuti anche i verbali del consiglio di amministrazione della Stazione sperimentale di granicoltura e la documentazione fotografica relativa ai grani.
Bibliografia
Donne protagoniste del miglioramento genetico vegetale: Carlotta Parisani Strampelli
Atti del Convegno di Studi – Università degli Studi di Macerata – 21 novembre 2014-Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche n. 223
ACCADEMIA DELLE SCIENZE, RELAZIONE SULLA FIGURA DI CARLOTTA PARISANI, MOGLIE DI STRAMPELLI
Conferenza per il 50 esimo anniversario dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”
Il CREA secondo classificato al “Carlotta Award 2018”
Silvio Negro – Corriere della Sera Ultima intervista a Nazareno Strampelli
Nazareno Strampelli e il miglioramento genetico del grano tenero
Museo della scienza del grano “Nazareno Strampelli”
Fondo Strampelli Nazareno


Milano: il Museo d’arte della Fondazione Rovati

In primo piano


Il Museo dedicato a Luigi Rovati, medico, ricercatore e imprenditore farmaceutico, accosta opere d’arte moderna e contemporanea a più di 200 reperti, tra ceramiche, bronzi e ori, della collezione etrusca.
Acquistato nel 2016 dalla Fondazione, il Palazzo di Corso Venezia viene costruito nel 1871 dal Principe di Piombino. L’edificio entra successivamente nella proprietà di Donna Javotte Manca di Villahermosa, vedova del Senatore Ettore Bocconi e nel 1958 viene ceduto a Giuseppina Rizzoli che affida agli architetti Ferdinando Reggiori e Filippo Perego la ristrutturazione sia della morfologia del palazzo che degli interni.
La riqualificazione che lo trasforma in spazio museale avviene su progetto dell’architetto Mario Cucinella con lo studio MCA e conduce all’ampliameno dei piani interrati, con la creazione dello spazio ipogeo dove sono esposti i reperti etrusci, al restauro conservativo del piano nobile (Sala Azzurra, Sala Paolini, Sala Ontani, Sala Armi, Spazio Bianco, Galleria Simeti) e alla realizzazione e allestimento degli spazi dedicati ai servizi di accoglienza e alle funzioni legate all’attività museale. Il Museo viene aperto nel settembre 2022. Continua a leggere….

Milano: il Cimitero Monumentale

In primo piano


Progettato da Carlo Maciachini (l’eclettico architetto scelto all’unanimità tra i ventotto progetti presentati nel 1863) venne costruito a partire dal gennaio del 1865 e venne inaugurato l’anno successivo, anche se i lavori si protrassero ancora a lungo e Maciachini li seguì fino al 1887.
Il Cimitero Monumentale ospita molteplici opere d’arte firmate dai principali scultori e architetti italiani attivi alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, realizzate per i monumenti funebri di grandi famiglie dell’imprenditoria lombarda e di artisti famosi.
Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o “Tempio della Fama”, progettato originariamente da Maciachini con la funzione specifica di cappella cattolica e destinato, tra il 1869 e il 1870, a luogo di sepoltura, celebrazione e ricordo dei milanesi di origine o di adozione (compresi gli ospiti e i cittadini onorari) che attraverso opere e azioni hanno reso illustre la città e l’Italia.
Nell’emiciclo interno, il Monumento ai Caduti nei campi di sterminio nazisti, realizzato nel 1945 (la struttura odierna è la terza versione del monumento) su progetto dello studio BBPR, fondato nel 1932 da Gian Luigi Banfi (internato nel campo di Mauthausen dove morì nel 1945). Al centro della griglia tridimensionale è posta una teca di vetro contenente un’urna, cinta da filo spinato, che custodisce al suo interno della terra proveniente dal campo di Mauthausen. Continua a leggere…

Milano: i giardini pubblici Montanelli

In primo piano

Il parco, voluto alla fine del Settecento dal vicerè Ferdinando d’Asburgo che decise di trasformare l’area nel primo giardino pubblico cittadino, una volta acquisite le proprietà della Basilica paleocristiana di San Dionigi (poi demolita) e del convento delle Carcanine. E’ ispirato dai principi illuministi di razionalizzazione dello spazio e realizza un impianto tipicamente “alla francese”, rilevabile nel gusto geometrico delle aiuole e nell’inquadramento prospettico dei viali alberati. Continua a leggere…